«Così è affondata la barca»

3 Luglio 2012

Il pescatore Tranquilli: io, a picco per i fanghi non dragati. Danni da 60 mila euro

PESCARA. «Alle 3,25 del 5 giugno scorso io stavo dormendo, poi, mi hanno telefonato gli amici pescatori e mi hanno detto: “Guarda che la tua barca sta imbarcando acqua e sta affondando”. I sacrifici di una vita sommersi dall’acqua per colpa del mancato dragaggio. I danni? Chissà se me la caverò con 60 mila euro». Riccardo Tranquilli ha 51 anni e va in mare da 35: «Forse, ho passato più tempo in mare che a casa, visto che sto fuori a pescare 4 o 5 giorni a settimana. Questa è la mia vera casa», dice indicando la sua Bruma, una barca di 15 metri per la pesca a strascico. Oggi, quel peschereccio, affondato in porto, è un relitto accostato alla banchina, circondato da uno strato di melma, alghe e rifiuti che nessuno porta via: «Forse, riuscirò a riportare la barca in mare dal prossimo 4 ottobre», dice Tranquilli, quando finiranno il mese di blocco della pesca per la marineria di Pescara, a partire dal prossimo 6 luglio, e il fermo biologico.

A picco. «In porto non c’è più acqua, soltanto fango», dice il pescatore, vittima del porto perduto. È questo l’inizio del suo travaglio: «Il motore, 254 cavalli, non ha pescato acqua ma fango e si è bruciato. Ce ne siamo accorti a 8 miglia dalla costa», racconta Tranquilli, «e siamo riusciti a rientrare al minimo della velocità. Abbiamo lasciato la barca alla banchina e, nei giorni seguenti, cominciato a lavorare per sostituire il motore. Il 5 giugno quando è arrivata la bassa marea, la barca si è incagliata nei fanghi che nessuno ha dragato: i fanghi hanno fatto da ventosa e, quando la marea si è alzata, la barca non ha seguito l’acqua ma si è ribaltata su un fianco». Così la Bruma è andata a fondo, ormeggiata nel porto: «L’acqua è entrata ovunque e la barca è stata quasi tutta sommersa. Si è salvato soltanto il timone», dice Tranquilli indicandolo con la mano. L’acqua ha ricoperto il vano motore, i cavi dell’impianto elettrico, la cella frigorifera. «Poi, c’è stata la fuoriuscita di gasolio», racconta il pescatore. Ottocento litri di nafta finiti nel fiume già inquinato: «Secondo il protocollo, è intervenuta la Sedimar e mi è costato 3.266 euro», dice Tranquilli. È quasi una beffa quel conto da pagare per ripulire il fiume marrone dal gasolio. «Per fortuna, hanno tenuto le corde sennò non si sarebbe salvato niente. Pensare che questa barca è tutta la mia vita di sacrifici. Il mancato dragaggio? Durante i lavori, sono caduto in acqua e sono rimasto in piedi: è incredibile».

Degrado del porto. Tranquilli racconta la sua non-vita davanti al degrado della foce del fiume e del porto: «Ma se una strada fosse in queste condizioni di degrado, siamo sicuri che non interevverebbe nessuno? Non è possibile tollerare questo schifo». Il peggio è che, una volta tolta la sporcizia, l’emergenza del mancato dragaggio resterebbe intatta come prima: «Per uscire dal porto si rischia la vita», spiega Tranquilli, «siamo costretti a randeggiare la parte più a sud dell’imbocco ma basta un errore di un metro per rimanere bloccati nel fondale. Il fatto è che più fa caldo e più si abbassa la portata dell’acqua: entrare e uscire è un terno al lotto».

«Come il terremoto». «Vedere la tua barca che va a picco», racconta il pescatore con gli occhi che diventano rossi, «è come vedere la tua casa crollata. Io posso capire cosa hanno provato gli aquilani dopo il terremoto. Per il mancato dragaggio, ho perso tutto e a 51 anni mi ritrovo a ricominciare da zero: a volte mi chiedo se avrò la forza. Però», dice il pescatore, «ho trovato tanta gente che mi sta dando una mano e non mi ha abbandonato. Per esempio, l’elettricista Gaetano si sta dannando l’anima per rimettere in sesto l’impianto elettrico».

«Chi pagherà?». Tranquilli potrebbe presentare una denuncia contro chi non ha garantito la navigabilità del fiume o avviare una causa per chiedere il risarcimento dei danni: «Ma io non posso pagare un avvocato per una causa che potrebbe durare più di 20 anni. Io sono un uomo, uno solo, contro le istituzioni».

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