Da Pescara a Penne sulle tracce dell’ex Fea

A mezzo secolo dalla chiusura della ferrovia un viaggio in autobus tra ricordi di vecchi capistazione e la ricerca dell’Abruzzo perduto

PESCARA. Sarà pur vero che, come diceva il corregionale Ovidio, “tempus edax rerum”, che il tempo divora le cose. Ma qualche indizio rimane sempre, come quella galleria tra Loreto Aprutino e Penne, lunga 600 metri, oggi aperta da un lato e chiusa da un altro, che è ancora lì, a testimoniare un tracciato ferroviario che non c’è più ormai da cinquant’anni.

Tutto questo è stato rievocato ieri mattina da una traversata nel tempo e nello spazio da un autobus vestito a festa dell’azienda che gestisce i trasporti metropolitani, la Gtm, la quale in collaborazione con l’Acaf, il Museo del treno di Montesilvano e la Fondazione PescarAbruzzo ha rievocato il tratto che, dal 1929 al 1963, percorreva il treno delle ferrovie elettriche abruzzesi, da Pescara a Penne. E qualche brivido, ad alcuni di coloro che hanno ripercorso le tappe sul bus in livrea (rimarrà bardato per un anno intero, per celebrare il mezzo secolo dall’ultima corsa su rotaia), è passato. Come ad Antonio Schiavone, presidente dell’Acaf, che ricorda come il treno fosse «l’unico mezzo per andare a lavorare» e nel contempo il modo «di portare vino e formaggi da una parte all'altra». Oppure, come rammemora commosso, alla prima stazione in cui s’effettua una sosta, quella di Montesilvano spiaggia, il figlio di un ex capostazione, Ugo Mastrangelo. Carlo racconta di quando «oltre agli studenti, che andavano a scuola a Pescara, col treno viaggiavano i contadini, con pollame e uova». Pollame che ritorna anche nei ricordi di una studentessa di allora, Anna Amicone, mamma di Renzo Gallerati, storico del Muso del treno, quando riporta in auge episodi in cui le galline, sistemate sotto ai sedili, dentro a delle gabbie, «a volte di colpo fuoriuscivano e si mettevano a svolazzare nelle carrozze». Ma lo zeitgeist, lo spirito del tempo, si ripropone anche nelle parole di Vincenzo Di Francesco, che accoglie a Cappelle sul Tavo la comitiva partita alle 10,09 dalla stazione di Pescara Porto (appunto l’ex Fea), appena dopo il brevissimo stop alla fermata di Montesilvano Colle («Figlia di un compromesso», glossa Gallerati), oggi una scuola dell’infanzia.

«Avevo il sogno di una stazione ferroviaria, tant’è che negli anni ’80 me la sono comprata», confida Di Francesco riferendosi alla vecchia stazione di Cappelle, oggi un’abitazione privata e bed e breakfast. «L’unica stazione di proprietà del Comune», come rimarca il sindaco Alberico Ambrosini, è invece quella di contrada Casone, a Moscufo, che aveva una sottostazione elettrica, mentre a Collecorvino non c’è nulla che la ricordi, se non una piazza e una via, in quanto venne bruciata da un incendio alla fine degli anni ’70. Un’abitazione privata (com’anche quella di Picciano) è la stazione di Pianella, posta sul territorio di Loreto Aprutino, paese nel quale la stazione, in seguito al terremoto del 2009, oggi dà temporaneamente ospitalità agli uffici del Comune, e dove il sindaco occupa la stanza del capostazione. Il viaggio nei ricordi tra le vallate della Vestina (che per il presidente della Gtm, Michele Russo ha rievocato «la ricchezza dei territori»), si conclude alle 12.50, a Penne, in quella che oggi è una rimessa degli autobus: più di due ore e mezza (comprese però le soste e le accoglienze), quando prima, col treno "Carminati & Toselli", sarebbero bastati poco più di un’ora.

Vito de Luca

©RIPRODUZIONE RISERVATA