Edgardo Ricciuti

ABRUZZO

Dal Venezuela senza ritorno: Ricciuti, il docente ricercato da Maduro 

Insegnava Scienze politiche all’Università di Caracas, ma se rientra lo arrestano. Ha scritto un libro-verità sul regime

PESCARA . Le dittature non fanno domande, né dialogano. Lo sa bene Edgardo Ricciuti, 57 anni, nato a Caracas e fino al 2017 politologo all’Universidad Central de Venezuela. Con la sua famiglia era tornato per una vacanza in Abruzzo, la terra dalla quale i suoi genitori erano partiti nel 1957. Non è ancora ripartito, né si sa quando potrà farlo. Colpevole di pensare, in un sistema nel quale la libera circolazione delle idee non è gradita.

IL MESSAGGIO. «Non partire», gli suggerì un amico, «perché qui all’università la polizia ti cerca». Aveva le valigie in mano quando arrivò quella mail. Ancora pochi minuti e sarebbe salito sull’aereo, assieme ai suoi cari, andando incontro al destino riservato a chi si opponeva davvero al regime.
«La polizia politica», racconta, «era andata a prelevarmi direttamente dentro l’università, facendo anche una sorta di interrogatorio ai miei colleghi per sapere dove fossi. Ed è così che sono rimasto».
LE ORIGINI. Il papà era originario di Giuliano Teatino, la mamma di Canosa Sannita. Edgardo tornava spesso in Italia da ragazzo. Ed è al liceo scientifico Filippo Masci di Chieti che si è diplomato. Fino al 2017 insegnava teoria politica e dottrina dello Stato all’Universidad Central del Venezuela, all’Accademia militare dei sottufficiali e ufficiali dell’esercito venezuelano e all’università cattolica Andres Bello.
RICERCATO PER LE SUE IDEE. Perché la polizia politica cerca ancora Edgardo Ricciuti? «La polizia mi cerca perché attraverso comunicazioni e manifestazioni apertamente politiche stavamo, e stiamo ancora cercando di smascherare un’opposizione che non è all’altezza». Già, perché secondo il professore il problema non è solo Maduro, e prima di lui Chavez.

«Nel 2013 si era consumata l’ennesima frode elettorale», scrive nel suo libro intitolato “Sì alla rivolta. No alla rivoluzione. Avvenimenti sul nodo venezuelano”, «che diede vincitore Maduro. Anche se il plebiscito rimane lo strumento prediletto dei sistemi dittatoriali per ossigenarsi, in Venezuela, per gli ottimi rapporti tra regime e opposizione, il chavismo poté servirsi di un sistema più sofisticato per rimanere al potere: indire un processo elettorale con un’opposizione condiscendente che avrebbe avuto il compito di rafforzare la legittimità del sistema di fronte alla caduta vertiginosa della sua popolarità».
IL LIBRO. Al di là dei gravissimi problemi economici nei quali si dibatte la popolazione venezuelana, al di là della crisi umanitaria, nel Paese la situazione è ancora più complessa di quanto si possa pensare fra «i campi di addestramento di Hezbollah, la guerriglia dell’ Eln (Ejercito de liberacion nacional), molto affine all’ideologia castro-comunista e Cuba che controlla i servizi di intelligence». Il libro del professor Ricciuti analizza dinamiche che alle nostre latitudini sfuggono, e rappresenta uno strumento per capire cosa accade davvero in Venezuela.
«Il libro», spiega, «è un riepilogo di articoli scritti dal 2013 al 2017, ai quali è stato aggiunto un prologo per far sì che gli italiani possano scendere più in profondità nella realtà venezuelana. Non è un libro di storia», precisa, «perché mentre scrivevo parlavo di cose che stavano succedendo o che stavano per succedere in Venezuela. Cercavo di arricchire questi articoli basandomi su aneddoti filosofici e letterari. La mia intenzione era quella di “coscientizzare” i distratti e gli strati della popolazione che più di altri potevano smascherare un’opposizione che non svolgeva il proprio lavoro».
VERA OPPOSIZIONE. «La ragione per cui sono stato perseguitato», dice, «è perché volevamo fare veramente opposizione. A livello istituzionale non esisteva, e non esiste tuttora lo spazio per poterla fare, quindi è stato deciso di non seguire i canali tradizionali come per esempio la formazione di un partito politico, ma creare una formazione politica che potesse, in tempi migliori, sfornare le persone adatte per affrontare il futuro, un futuro così difficile come quello che si prevedeva per il Venezuela. Fin quando ci siamo mantenuti in un ambito privato e di istruzione il regime ha tollerato, ma quando nel 2017 le circostanze politiche del Paese hanno visto un incremento delle azioni del regime per solidificare il suo potere, si è deciso di agire in pubblico».
LA PERSECUZIONE. È a questo punto che sono nati i problemi. «Quando con gli attivisti di Rumbo Libertad (Verso la Libertà)», racconta, «che oggi sono tutti esuli abbiamo avuto incontri anche con gli ex presidenti dell’America Latina del gruppo Idea (tra cui Andres Pastrana, Jorge Quiroga e Laura Chinchilla, è cominciata la persecuzione».
QUALE SOLUZIONE PACIFICA. Il professore, al riguardo, è pessimista. «Il regime è basato su un progetto politico che non fa capo alla tradizione politica liberale, quindi non tende a rispettare accordi e tantomeno la volontà dei cittadini che oramai sono diventati “schiavi”. Per questo è molto improbabile, per non dire impossibile, che ci sia una soluzione pacifica. È irreale pensare di scendere a patti con una parte come quella chavista, genocida, che ha sempre dimostrato di utilizzare le istituzioni e i principi democratici esclusivamente quando gli facevano comodo. Consapevoli di questa cruda realtà, si continua a lavorare per cercare di sensibilizzare i governi della sfera occidentale affinché prendano la posizione dovuta di fronte a una situazione che degenera ogni giorno di più e andrà sempre peggio».
IL FUTURO. Il professore non si dà per vinto. «Non posso tornare, sono schedato», conclude, «ma lavoro con l’organizzazione da questa parte del mondo per portare avanti strategie che possano farci raggiungere l’obiettivo di liberare il Paese».