Morte di Fatime, indagata la giovane baby sitter

Era sulla spiaggia libera per vigilare sulla 12enne e altri sette ragazzini. Il padre si è affidato a un avvocato per capire se la figlia potesse essere soccorsa prima e salvata
PESCARA. C’è un primo indagato per la morte di Fatime, la ragazzina di 12 anni morta giovedì scorso mentre faceva il bagno nel tratto di mare tra gli stabilimenti Jambo e Plinius. È la giovane a cui la ragazzina era stata affidata insieme ad altri sette bambini (compreso il figlio piccolo che la donna aveva in braccio) durante il pomeriggio di mare iniziato con fratelli e cugini sulla spiaggia libera all’altezza di via Muzii.
Secondo il pm Rosangela Di Stefano, e in base a quanto ricostruito dalla polizia e dalla Guardia costiera in merito alla tragedia e ai momenti che lo hanno preceduto, ci sarebbe stata una mancata vigilanza da parte della baby sitter. Si tratta di una pescarese legata a un familiare dei bambini: con il proprio figlio in braccio si stava occupando di guardare anche gli altri ragazzini di 3, 7, 9, 12 e 13 anni. Ma in acqua sarebbero andati solo i quattro più grandi e tutti, da quanto ricostruito, erano in grado di nuotare. Tanto più che il mare era piuttosto calmo.
Poi però, all’improvviso, il grido lanciato dalle sorelle di Fatime che stavano facendo il bagno con lei e che dopo averla vista in difficoltà e tentato di aiutarla, l’hanno persa di vista. Momenti concitati di cui si sono accorti a riva un dipendente del Jambo e una bagnante, facendo scattare l’allarme con la prima chiamata alla guardia costiera partita alle 17.10. Da qual momento sono passati circa 50 minuti prima di recuperare la ragazzina che, già in gravissime condizioni, è morta di lì a poco in ospedale. Adesso sarà l’autopsia a indicare le cause di una tragedia che alla famiglia appaiono ancora inspiegabili, a cominciare dal fatto che Fatime sapeva nuotare.
Per ora, a rispondere in qualche maniera di questa disgrazia è la baby sitter che avrebbe dovuto controllare il gruppo di bambini e che il pomeriggio di giovedì, mentre le ricerche procedevano febbrili, ha perso i sensi stravolta. Malori e disperazione che tra i familiari si sono susseguiti nelle ore successive al ritrovamento e anche il giorno dopo. E nel dolore e nella prostrazione più grande, il papà Denis Kossi Lossou Gavor, entrato in Italia 33 anni fa come rifugiato politico dalla Guinea e inserito da tempo con tutta la sua famiglia a Pescara, si è affidato a un legale con l’obiettivo di capire come e perché è morta la figlia e, soprattutto, se poteva essere soccorsa e salvata.
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