PESCARA

Danilo Di Luca, nessuna bancarotta, assolto l’ex ciclista

Chiesti 3 anni e mezzo per la gestione irregolare della società di articoli sportivi, la difesa ha dimostrato che l’atleta aveva sempre immesso soldi

PESCARA. L’ex ciclista professionista Danilo Di Luca vince la sua battaglia legale e incamera un’assoluzione nel processo di primo grado che lo vedeva imputato di bancarotta fraudolenta insieme alla cognata Ionora Nascimento De Jesus. Entrambi sono stati assolti con la formula piena, nonostante la pubblica accusa avesse concluso la sua requisitoria chiedendo per Di Luca una condanna a 3 anni e mezzo di reclusione. Il suo legale Ernesto De Toni (veneto che aveva seguito il ciclista anche nelle sue vicende legate al doping), e quello della cognata, Marco Zanna, hanno potuto dimostrare l’innocenza dei rispettivi assistiti, grazie anche alla consulenza che avevano predisposto per contrastare le accuse mosse dal curatore fallimentare (la procura non aveva disposto a suo tempo nessuna consulenza). Per la difesa, nella ricostruzione fatta dal curatore vi erano diversi punti oscuri che disegnavano, in sostanza, un preciso intento distrattivo, cosa che il dibattimento ha dimostrato non esistere. Nei due capi di imputazione (bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice) la procura evidenziò una serie di irregolarità che i due avrebbero compiuto fino al 2014 quando il tribunale dichiarò il fallimento della società di Di Luca: la Kyk srl di Spoltore, attiva nel commercio al dettaglio e all’ingrosso di articoli sportivi. Di Luca era stato amministratore unico fino al 2012 per poi passare l’incarico
alla cognata, in quanto i suoi impegni non gli permettevano di seguire compiutamente tutte le vicende amministrative.

Secondo l’accusa i due avrebbero ritardato anche il fallimento, «aggravando il dissesto societario, creando un grave squilibrio finanziario che andava ad aggiungersi, relativamente agli anni 2011 e 2013, all’evidente incapacità gestionale a generare redditività, così attuando una conclamata crisi economica con un passivo di 737 mila euro a fronte di un patrimonio netto di euro 700 mila». Inoltre, gli imputati, sempre stando alle accuse, avrebbero distratto, a loro vantaggio, denari negli anni dal 2009 al 2011, destinandoli all’acquisto di beni e all’effettuazione di lavori e migliorie nei locali di via Marco Polo a Pescara, per un valore complessivo di 218 mila euro: locali avuti in locazione
commerciale dalla società Da.va sas di Di Luca Danilo e di cui lo stesso Danilo era amministratore. In dibattimento, la difesa ha invece dimostrato che Di Luca, nella gestione delle sue attività, immise sempre soldi: fino a circa 320mila euro, senza mai appropriarsi di niente. E proprio a supporto di questa tesi difensiva, i due legali hanno presentato al collegio i risultati della consulenza di parte che è stata evidentemente recepita dai giudici.

A bloccare la brillante carriera da ciclista professionista fu la positività al doping rilevata in alcune circostanze, che lo portò ad essere squalificato tre volte in sei anni, fino ad arrivare alla radiazione nel 2013. Di Luca, professionista dal 1999 al 2013, vinse 54 gare fra cui una Freccia Vallone, un’Amstel, una Liegi, un Giro di Lombardia e un Giro d’Italia nel 2007. E fu proprio negli ultimi anni da professionista che avviò le attività commerciali, lasciando spazio a commercialisti vari, non potendo seguire da vicino i suoi interessi. Ora l’assoluzione per bancarotta.