De Bernardinis: io, aquilano, soffro di più

24 Ottobre 2012

L’ex braccio destro di Bertolaso: non ho mai rassicurato, feci quello che mi dissero gli scienziati

L’AQUILA. «Non ho mai rassicurato». Come un mantra se lo ripete Bernardo De Bernardinis, aquilano di Ofena, anche il giorno dopo la sentenza di condanna in primo grado a sei anni di reclusione.

«Il dibattimento ha chiarito che le mie dichiarazioni non furono queste. L’intervista di cui si parla fu rilasciata prima della riunione. Non ce l’ho nemmeno con la stampa ma solo con due giornalisti. Alcuni si sono comportati in modo poco professionale anzi dannoso. Prima della riunione dissi che la comunità scientifica mi conferma che la situazione è favorevole con lo scarico di energia, perciò abbiamo avuto eventi intensi non intensissimi e perciò non abbiamo avuto molti danni».

De Bernardinis insiste: «Ovviamente, di quello che ho detto mi assumo la responsabilità diretta sulla base del comunicato dell’Ingv e della comunità scientifica. In quella riunione ero un uditore. Non sono un esperto della Grandi Rischi. E anche questo il dibattimento l’ha distinto molto bene. Ho ripetuto parole che mi venivano da referenti scientifici. Il verbale? La prima bozza fu fatta durante l’incontro. Poi, sulla base degli appunti di Mauro Dolce, si scrisse il verbale che poi fu firmato il 6. Io non l’ho mai visto, non m’interessava il verbale. Non ho errori da rimproverarmi. Ho ripetuto quanto detto dai miei consulenti. Io sono Protezione civile e opero a valle delle valutazioni. Condivido la responsabilità degli altri ma non sono uno scienziato. Se avessi avuto sentore diverso mi sarei comportato in modo diverso. Bertolaso mi telefonò e mi disse: chiama gli esperti. Ero assolutamente preoccupato. Secondo me ci serviva un esame da parte della comunità scientifica. L’ho detto al processo: io sono aquilano e ho una sensibilità non da scienziato ma derivante dalla consapevolezza di dover affrontare una situazione confusa . Per questo bisognava avere un altro stato di fatto dopo il 31. Non contesto il meccanismo della nostra Repubblica. Mi ci sono sottoposto in piena trasparenza, volontà, serenità. Non mi sento di aver fatto le cose male o di averne omesse. Resto sempre legato a questa terra e ai familiari delle vittime. Questi sono i destini congiunti delle persone. A parti invertite avrei voluto il processo anch’io. Soffro perché ritengo che la composizione di questo processo sia una coscienza maggiore del nostro paese rispetto alla quale non metta le vittime e le persone responsabili come me in queste condizioni».©RIPRODUZIONE RISERVATA