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De Luca: la minoranza non mi può sfiduciare

PESCARA. Giorgio De Luca ha aspettato qualche giorno, dopo la conferenza stampa dei 13 consiglieri di minoranza (oggi di maggioranza), capeggiati da Gianni Teodoro («il regista dell’operazione», come...

PESCARA. Giorgio De Luca ha aspettato qualche giorno, dopo la conferenza stampa dei 13 consiglieri di minoranza (oggi di maggioranza), capeggiati da Gianni Teodoro («il regista dell’operazione», come ha rivendicato egli stesso nelle ultime ore, «perché sono stato il primo a lasciare la maggioranza, dopo pochi mesi dall’inizio della consiliatura»), i quali hanno protocollato una mozione di sfiducia nei suoi confronti e verso le presidenze e vice presidenze di 7 commissioni. Un’attesa per «studiarsi le carte e per consultare un avvocato». E, ieri mattina, il presidente del consiglio provinciale (Rialzati Abruzzo), sotto scacco, nel suo studio era alle prese con alcuni fascicoli che potrebbero riguardare la sua posizione.

«Non mi possono sfiduciare», ha esordito riferendosi al voto sulla mozione di sfiducia che dovrebbe essere messa all’ordine del giorno nel prossimo consiglio provinciale, «poiché su casi analoghi si sono pronunciati il Tar e il Consiglio di Stato. E la giustizia amministrativa ha deciso che il presidente del consiglio non può essere sfiduciato per motivazioni politiche. Lo potrebbe essere solo di fronte ad un non imparziale esercizio della funzione». Ovvero, proprio la motivazione addotta dalla nuova maggioranza e resa nota in conferenza stampa la scorsa settimana. «Ma quale uomo di parte», ha replicato respingendo l'appellativo con un paradosso. «Sono talmente di parte che anche l'ex maggioranza mi ha accusato della stessa cosa». «Comunque», ha chiosato, «anche se i 13 dovessero andare avanti, i numeri non sarebbero sufficienti. Ce ne vorrebbero 18, tanti quanti quelli che sono stati necessari per eleggermi». «Lo dice», ha rimarcato sfogliando le pagine del documento, «l’articolo 20 dello statuto della Provincia, il quale ha subìto l’ultima modifica nel 2006».

Una sfiducia, tra l’altro, che se dovesse arrivare fino in fondo, avrebbe anche dei risvolti economici. «Se mi dovessero mandare a casa», ha continuato De Luca, «innanzitutto l’ente dovrebbe pagare due presidenti. Me e il nuovo eletto». «Inoltre», ha annunciato, «ho anche consultato un legale, il quale mi ha riferito che una mozione di questo tipo, priva dei suoi caratteri essenziali, cioè senza documenti che attestino la mia presunta parzialità, potrebbe dar luogo ad una richiesta di risarcimenti danni da parte mia nei confronti della Provincia. Risarcimenti che la Corte dei Conti potrebbe far ricadere sui firmatari della mozione di sfiducia».

Vito De Luca

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