Droga nel Pescarese, al setaccio la rete di affari degli albanesi

I carabinieri del Nucleo investigativo indagano sui grandi produttori di droga e sugli spacciatori locali, a partire dai rom. Associazione resiliente: dalla coltivazione fino ai corrieri della cocaina
PESCARA. «Dall’attività di indagine è emerso che l’associazione ha intrattenuto rapporti, chiaramente collaudati nel tempo, con altre organizzazioni criminali dedite allo spaccio di stupefacenti, come quella composta da soggetti rom operante nel quartiere Rancitelli». Gli interessi degli albanesi di Scutari che avevano eletto Montesilvano e Città Sant’Angelo a «base logistica» dei loro traffici, adesso, sono al centro della seconda fase dell’operazione Saline: i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal capitano Giuseppe Sicuro, dopo i 12 arresti di giovedì scorso, vogliono ricostruire la rete degli affari dei trafficanti.
È una rete che ha due capi: da una parte, i grandi produttori della droga quasi sicuramente in Albania e, dall’altra, i signori dello spaccio pescaresi; i soldi dei carichi erano trasferiti e reinvestiti proprio in Albania mentre qui le famiglie rom, destinatarie dei carichi, rifornivano il mercato fino alle singole dosi vendute sui marciapiedi di Rancitelli.
L’indagine, coordinata dalla pm Roberta D’Avolio della Procura distrettuale Antimafia dell’Aquila, ha svelato che la banda aveva anche la disponibilità di «un capannone a Piadena Drizzona, in provincia di Cremona, dove sono stati sequestrati 421,60 chili di marijuana». Quel capannone era una fabbrica della droga dove «venivano impiegati e tenuti anche a dormire diversi coltivatori». E il gip Marco Billi scrive: «L’interregionalità della dislocazione delle sedi e delle basi operative, la capacità di gestione a distanza delle attività di coltivazione di marijuana da parte di un gruppo di coltivatori, la capacità di movimentare e trasportare lo stupefacente con furgoni a noleggio sul territorio nazionale costituiscono tutti chiari indici di solidità e capacità organizzativa del sodalizio».
A capo dell’associazione c’era Edison Precetaj, 42 anni: nonostante un cumulo di oltre 20 anni di carcere da scontare, era in semilibertà e usciva dalla sua cella del San Donato tutti i giorni dalle 7.45 fino alle 19.30 per lavorare nella società di autonoleggi intestata alla moglie. Dodici ore in cui «gestiva personalmente sia il reperimento di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti avvalendosi dell'opera di corrieri romeni, sia i rapporti di commercializzazione e spaccio anche con esponenti di organizzazioni criminali radicate sul territorio».
Tra i 12 arrestati c’è soltanto un abruzzese: Fausto Finocchi di 56 anni, residente a Città Sant’Angelo. Secondo l’accusa era «un consulente esperto» in grado di dare le dritte sugli acquisti da fare: l’ultimo consiglio era stato quello di investire sull’eroina siriana.
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