Federica in carrozzella dal 2008: «Colpa di quella strada maledetta»

6 Novembre 2025

Il precedente in via delle Fornaci prima della morte di Alessia Berardinucci. Falone aveva 15 anni quando un’auto la fece cadere dal motorino. Da allora ha perso l’uso delle gambe 

PESCARA. «Mi ha chiamato mio fratello, me l’ha data lui la notizia dell’incidente mortale. Gli è venuto da piangere, mi ha detto guarda che è successo, sono sconvolto, non ci si può credere di nuovo lì, su quella strada». A raccontarlo è Federica Falone che “su quella strada”, via delle Fornaci, dove una settimana fa ha perso la vita Alessia Berardinucci, 18 anni, ha fatto anche lei un incidente con il motorino l’8 ottobre del 2008. Lei si è salvata, e oggi lo può raccontare, ma da allora è rimasta paralizzata.

Aveva 15 anni, oggi ne ha 32 vissuti con la speranza che la ricerca possa farla tornare a camminare e con la consapevolezza e la gratitudine di esserci, per il dono più grande: due figlie di 8 e 11 anni e il marito Mattia al suo fianco. Ma da giovedì scorso ha di nuovo la testa ferma lì, a quella strada maledetta, alla famiglia di Alessia e alla rabbia che nulla, dopo 17 anni, è cambiato.

Federica, qual è stato il primo pensiero nell’apprendere dell’incidente di giovedì?

«Dopo tutto quello che è successo a me, sentire di quella tragedia mi ha fatto malissimo. Non doveva succedere. Dopo il mio incidente la strada è stata rifatta, ma resta pericolosissima, non si può percorrere a doppio senso».

Perché?

«Perché è stretta e molto ripida, con la macchina pure pure, ma con il motorino o la moto è pericolosissima. Bisognerebbe farla a senso unico, perché poi guarda che succede. Mi dispiace perché ci ha rimesso la vita questa ragazza. A pensarci, poi, è assurdo anche lo stesso periodo, anche per me era ottobre, di pomeriggio. E a guardare la foto mi sembra che quella è la stessa curva del mio incidente».

Se lo ricorda?

«Certo, sì. All’epoca abitavo ai Colli con la mia famiglia, scendevo lungo strada delle Fornaci per arrivare a Zanni dove avevo degli amici. Quel pomeriggio ero con la mia amica. Il motorino era mio, la mia amica mi chiese di poterlo guidare. E io per la prima volta feci guidare il mio motorino a qualcuno».

E poi?

«Poi arrivò quella macchina nera, tipo un’Alfa. Erano circa le 5, semi buio, mi ricordo questa macchina che saliva e che era al centro della strada, occupava anche la nostra corsia. Ci ha urtato in velocità, il motorino ha deviato e poi la ruota si è imputata dentro un tombino sprofondato di 30 centimetri rispetto al manto stradale, e noi siamo state catapultate a terra mentre l’automobilista si allontanava. Nonostante le ricerche e gli appelli non si è mai fatto avanti».

Dopo tanti anni, cosa si sente di dire a quel pirata della strada?

«Niente, io penso che chi era alla guida di quella macchina sa benissimo che cosa è successo. Ma alla fine ognuno fa i conti con la propria coscienza, la vita restituisce tutto. Ma il fatto che non si sia fermato mi fa pensare che fosse uno poco raccomandabile. Se sei in regola con l’assicurazione e con tutto, come fai a non soccorrere due ragazze?».

E oggi vuole dire qualcosa alla famiglia di Alessia, che purtroppo non si è salvata?

«Sono addolorata per lei e per la sua famiglia, ma voglio che sappiano che quando vorranno io ci sono, il mio incidente rappresenta comunque un precedente per ribadire la pericolosità di strada delle Fornaci».

Lei come interverrebbe?

«La strada va messa in sicurezza e per fare questo va valutata la possibilità di farla a senso unico. Capisco che possa servire ai residenti, ma ci sono strade alternative. Ne va della vita delle persone».

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