Femminicidio a Pescara: l'arrestato va in carcere, la verità dall’autopsia

6 Dicembre 2016

Troilo non risponde al giudice e viene trasferito dall’ospedale al San Donato. Il medico legale stabilirà oggi con quante coltellate è stata uccisa Jennifer

PESCARA. Dall’ospedale al carcere. Come anticipato dal Centro, Davide Troilo non ha risposto alle domande di gip e pm e, al termine del breve faccia a faccia con i magistrati, ieri mattina ha lasciato l’ultimo piano dello “Spirito Santo”, dove era ricoverato dal giorno del delitto, ed è stato trasferito al San Donato. La strategia del silenzio lascia invariata, per ora, l’accusa formulata dal sostituto procuratore Silvia Santoro nei confronti dell’ascensorista 32enne arrestato per omicidio volontario subito dopo la morte di Jennifer Sterlecchini, 26 anni, la fidanzata che lo aveva lasciato qualche giorno fa e che venerdì ha raggiunto l’abitazione dove avevano vissuto insieme, in via Acquatorbida, per completare il trasloco.

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Una volta concluso l’interrogatorio da parte del gip Antonella Di Carlo, alla presenza dell’avvocato d’ufficio Davide Antonioli, ieri mattina la Procura ha blindato l’inchiesta per cui l’attività d’indagine, affidata ai carabinieri, è coperta dalla massima riservatezza. In queste ore sono in corso una serie di accertamenti e interrogatori, anche questi coperti dal più assoluto riserbo, finalizzati a ricostruire sia il rapporto tra i due fidanzati, la cui relazione è andata avanti per tre anni, sia le ultime ore trascorse insieme. Sembra che Jennifer fosse insoddisfatta già da un po’, che parlasse alle sue amiche della incompatibilità con Davide che lei avvertiva sempre più forte e che avrebbe confidato il giorno prima della tragedia anche al fratello del fidanzato, Maichol.

La rottura definitiva tra i due c’è stata lunedì scorso quando la giovane, laureata in Lingue, ha lasciato la casa in cui viveva con Davide, annunciando che venerdì sarebbe tornata per portare via abbigliamento, utensili e tutto ciò che l’ha accompagnata nella vita di coppia in quella casa.

Dopo aver riempito per due volte il furgone che le era stato messo a disposizione dal negozio di scarpe dove lavorava in corso Vittorio, Jennifer è salita in casa per recuperare gli ultimi oggetti. La aspettavano in strada la madre Fabiola e la sua amica e collega Ludovica. Ma Jennifer non è uscita viva da quella casa, al primo piano di una palazzina gialla dove ha vissuto la sua storia di amore con Davide, un uomo già sposato e separato.

Tra i due, rimasti soli e con la porta di casa chiusa, sarebbe scoppiata una discussione, probabilmente per via di un computer e un tablet che usavano entrambi, e da quel momento in poi la situazione è degenerata, in un crescendo di violenza. L’attività dei carabinieri del Nucleo investigativo è finalizzata proprio a definire con la maggiore precisione possibile lo svolgimento dei fatti in quegli istanti, gli ultimi di vita della 26enne. E a questo scopo la scena del crimine sarà esaminata anche dal personale del Ris.

Di certo c’è che Jennifer, ragazza solare, con il sorriso sempre sulla bocca e una grande vitalità, è stata trovata in un lago di sangue e i colpi che l’avrebbero uccisa sarebbero quelli che l’hanno raggiunta al colpo e all’addome, dopo essere stata percossa. Ma sarà l’autopsia, che oggi sarà affidata al medico legale Ildo Polidoro, a chiarire agli investigatori quante coltellate hanno raggiunto la giovane e a definire i colpi che l’hanno uccisa. Nel primo interrogatorio, avvenuto venerdì, Davide Troilo, sconvolto per l’accaduto e in lacrime, ha sostenuto che sarebbe stata Jennifer la prima a spingerlo mentre stavano discutendo e ha aggiunto che si sarebbe inflitta da sola la prima coltellata, dopodiché si sarebbero colpiti a vicenda. Dichiarazioni che, se corrispondenti al vero, dovranno trovare un riscontro nell’autopsia.

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