Cepagatti

Ferì la vicina di casa al collo dopo la lite per i cani: infermiere verso il processo per tentato omicidio

29 Maggio 2025

Lo scorso 20 novembre il 32enne colpì la donna con un oggetto acuminato e si diede alla fuga. Dalla perizia emerse un vizio parziale di mente che non preclude la partecipazione al procedimento

PESCARA. La procura di Pescara chiede di poter processare per tentato omicidio A.D.N., l'infermiere di 32 anni che lo scorso 20 novembre, nel suo paese di residenza, Cepagatti, si rese protagonista di una aggressione nei confronti di una signora di origini brasiliane di 62 anni, per dei futili motivi: perché i due cagnolini che la signora portava al guinzaglio avevano provocato la reazione del cane dell’imputato.

Un banale alterco che ebbe un epilogo assurdo quando la donna, peraltro in compagnia di una sua amica (che a sua volta aveva un cane che stava portando a spasso), decise di accelerare il passo per rientrare nella sua abitazione perché quell'uomo continuava a seguirla con il suo cane nonostante gli inviti della donna ad allontanarsi per evitare che gli animali si azzannassero. L’uomo continuava invece ad avvicinarsi urlando verso le due donne «io vado dove voglio», e quando arrivò a ridosso della vittima, che armeggiava con il portachiavi per entrare più velocemente possibile nel suo giardino, la colpì alle spalle con un oggetto "acuminato e penetrante» (non identificato al momento) ferendola anche sul collo, parte ritenuta vitale dal pm Gennaro Varone.

E mentre la parte offesa cadeva a terra, l’uomo si dava alla fuga. Per gli investigatori dell’Arma non fu difficile risalire all’aggressore in base alla descrizione che fecero due testimoni oculari del fatto e al riconoscimento fotografico.

Gli inquirenti vennero agevolati nell’identificazione dell’aggressore anche dalle riprese di un paio di telecamere della zona che inquadrarono la vittima che cercava di entrare in casa e all’improvviso si notava sopraggiungere l’aggressore che si portava alle spalle della donna spingendola verso il cancello per sferrarle un paio di colpi alla schiena e al collo: l’uomo sembrava tenere nella mano destra qualcosa, mentre con la sinistra il guinzaglio del suo cane di razza Labrador.

L'imputato si era già reso protagonista di fatti del genere e quindi era conosciuto dai militari. Il suo difensore, l’avvocato Giuseppe Amicarelli, in sede di convalida aveva presentato della documentazione medica per patologie psichiatriche, che avevano indotto il pm a chiedere un incidente probatorio per far esaminare l’indagato da un esperto. E la perizia del dottor Raffaele De Leonardis ha concluso che l’imputato, affetto da disturbo neurocognitivo di lieve-moderata entità, all’epoca dei fatti si trovava in «alterate condizioni di mente con intensità e rilevanza tali da grandemente scemare la propria capacità di intendere e di volere».

Insomma, un vizio parziale di mente che, comunque, non preclude la sua partecipazione cosciente al procedimento. Ma soprattutto lo psichiatra ha precisato che l’imputato non è da ritenersi persona attualmente socialmente pericolosa «in virtù di una sufficiente risposta alla terapia psicofarmacologica in atto».

Quando i militari si recarono in casa dell’indagato, trovarono la stessa tuta indossata dall’aggressore e soprattutto un mazzo di chiavi con un portachiavi a forma di siringa della lunghezza di 7 centimetri, dalla forma affusolata con punta stondata: probabilmente l’oggetto usato per ferire la donna.

Il gip, proprio riguardo alle ferite inferte e al reato contestato, scrisse che «per la reiterazione dei colpi inflitti e per la sede corporea di quello inferto al collo della vittima, che solo per un caso non ha comportato conseguenze più gravi, può, allo stato, qualificarsi tentativo di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi per la sproporzione tra il gravissimo gesto agito e le motivazioni che possono averlo ispirato, le quali sottendono uno stato di mente che andrà meglio verificato».