Gatti, l’anti-Chiodi sogna un nuovo centrodestra

Un marketing aggressivo, parole d’ordine accattivanti, l’uso di linguaggi nuovi come l’hashtag che cinguetta su Twitter una campagna elettorale #senzapaura.

PESCARA. Quattro Fiat 500 logate Fratelli d’Italia. Una per provincia. Un marketing aggressivo, parole d’ordine accattivanti, l’uso di linguaggi nuovi come l’hashtag che cinguetta su Twitter una campagna elettorale #senzapaura.

Per Paolo Gatti, assessore regionale al Lavoro, la candidatura alla Camera come capolista del partito di Giorgia Meloni è la sfida più importante della sua carriera politica. Non diciamo che sarà la sfida della vita, perché Gatti è molto giovane, non ha neanche 40 anni, anche se è sul campo da quando era studente al liceo classico di Teramo, seguendo la vocazione del padre che fu sindaco della città tra il 1993 e il 1995 eletto nelle liste della Democrazia Cristiana.

A 15 anni Gatti è rappresentante degli studenti («record di preferenze battuto solo l’anno scorso»). Dopo la maturità va a studiare a Bologna dove si laurea in giurisprudenza.

Decide di tornare a Teramo e si butta nella politica attiva . Nel 1999 viene eletto nella lista Udc in consiglio comunale. Fa cinque anni di opposizione, nel 2004 si ripresenta sempre con l’Udc ed è il più votato con 940 voti. Entra nella giunta del sindaco Gianni Chiodi come assessore all’Istruzione e alla manutenzione. Gatti lavora molto, è efficiente e molto presente. Quando cade la giunta regionale nel 2008, si candida col Pdl nella squadra di Chiodi che corre per la carica di governatore. Alle urne risulta il più votato con 10mila preferenze. Entra in giunta con la delega al Lavoro e alla Formazione. Seguono anni di lavoro ma di progressivo distacco dal partito berlusconiano o meglio, dalla forma partito di stampo novecentesco che per Gatti non ha più senso di esistere, tanto più se quel partito è il Pdl. «Fratelli d’Italia ha risposto al mio bisogno di essere nel centrodestra a testa alta», dice Gatti.

«Io mi candido perché ho lavorato e non perché organizzo partite di tennis», aggiunge riferendosi alla candidatura di Antonio Razzi al Senato per ilPdl, «Meloni e Crosetto sono persone serie che hanno fatto una scelta coraggiosa e non di comodo. Lo stesso posso dire di me stesso». Sono tre i motivi che hanno spinto Gatti a lasciare il Pdl per Fratelli d’Italia: «Per evitare che il governo italiano venga scelto da Berlino; per migliorare il centrodestra perché il nostro popolo lo vuole diverso da come si presenta oggi; e perché ho voluto mettere un volto davanti a un simbolo».

La partita è difficile per Gatti. «Ma sono ottimista, eleggeremo un deputato abruzzese». E comunque la politica non finirà il 25 febbraio, «si ricomincerà dal risultato delle urne». Per esempio dal gruppo che Forza Italia certamente costituirà in consiglio regionale. Finora hanno aderito in tre: altre a Gatti Emiliano Di Matteo (anche lui candidato) e, in forma più defilata Luca Ricciuti. Gatti però assicura altre adesioni. Quanto al rapporto con la maggioranza e con Chiodi si limita a dire che è «un rapporto sereno» (un’espressione che in politica fa pensare a un portone chiuso).

«Se verrò eletto? Il primo impegno è di stare tre giorni a Roma e altri quattro in Abruzzo in mezzo agli abruzzesi. Il secondo impegno è di restare il Paolo Gatti che tutti conoscono». Quale Paolo Gatti? Un politico ambizioso che molti danno già in corsa per la poltrona di governatore della Regione. Sempre se non sarà Montecitorio a reclamarlo. (a.d.f.)

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