L’inchiesta tra pescara e napoli

Gli affari con la camorra saldati con ricariche sulle carte Postepay

Così i senegalesi pagavano abbigliamento, scarpe ed etichette false ai grossisti napoletani della contraffazione, ecco le novità nell'inchiesta della finanza

PESCARA. Ricariche sulle carte Postepay. Così i senegalesi residenti a Pescara pagavano abbigliamento, scarpe ed etichette false ai grossisti napoletani della contraffazione, compresi i due affiliati al clan Mazzarella della camorra. Nell’indagine Bazar della guardia di finanza di Pescara, sfociata ieri in 10 arresti, sono stati scoperti e tracciati i pagamenti. Le coordinate delle carte di credito da ricariche viaggiavano su Whatsapp o via sms. E le intercettazioni raccontano storie di affari: Paolo Cimmelli, napoletano di 34 anni finito ai domiciliari, per gli inquirenti vicino ai Mazzarella, era uno di quelli che trattava la vendita di partite di scarpe Hogan false ai senegalesi. «Io mo ti mando qualcosa, però domani mattina vedi di fare qualcosa di soldi», diceva al telefono: era l’ordine di ricaricare una Postepay.

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L’ordinanza di custodia, firmata dal gip dell’Aquila Guendalina Buccella, parla di un patto di affari: «Dalle intercettazioni emergevano plurimi contatti tra Cimmelli e il senegalese Papa Ngom (36 anni di Pescara, ndr), tutti finalizzati a concordare spedizioni, consegne e relativi pagamenti di calzature contraffatte». Telefonate che, per l’accusa, «sono significative di un consolidato rapporto commerciale fatto di ordini telefonici e pagamenti mediante ricariche Postepay». In un’altra intercettazione, Cimmelli ricordava al senegalese di pagare in fretta: «Io voglio fare lavorare te, però, dobbiamo chiudere qualche conto».

L’indagine della finanza, coordinata dal comandante provinciale Francesco Mora e dal capitano della compagnia Sara Venturoni, ha svelato un collegamento stabile tra Napoli e Pescara contestando vari reati, dall’associazione per delinquere alla contraffazione e ricettazione: dalla fabbrica dei falsi fino alle bancarelle del mercatino dell’area di risulta (sgomberato nel 2016 dall’amministrazione Alessandrini). L’inchiesta, coordinata dal pm della Dda dell’Aquila Fabio Picuti e dal pm della procura di Pescara Andrea Papalia, ha portato alla ribalta un giro di affari milionario. Sono 15 gli indagati, compresi due autisti della Satam, uno di Orsogna e l’altro di Bugnara, accusati di aver favorito le spedizioni sui bus di linea.

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L’importante, emerge dagli atti, era non far scoprire i pagamenti: un altro napoletano, Giuseppe Errichiello, 60 anni, anche lui esperto di Hogan false, è stato beccato a usare la tecnica delle Postepay. Dopo aver spedito due pacchi con 71 paia di scarpe false, Errichiello chiamava il venditore senegalese: «A riscontro dell’avvenuto acquisto», dice l’ordinanza, «Errichiello contattava telefonicamente più volte Papa Ngom al fine di rammentare a questi il pagamento dovuto». Un saldo, continua l’ordinanza, «che avveniva per mezzo di ricariche Postepay, previa comunicazione via sms da parte dell’Errichiello, delle relative coordinate». Ecco l’intercettazione: «Eh, oggi ti mando qualcosa, oggi te lo mando qualcosa, verso mezzogiorno ti chiamo», diceva il senegalese. E il grossista chiudeva così: «Paco, ma tu... tu a me non puoi darmi i soldi quando vendi la merce... non posso aspettare che tu vendi tutta la merce per avere i soldi». (p.l.)

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