Hotel Rigopiano, il padre di un disperso: «Se Stefano è morto, faccio una strage»

La rabbia del papà di uno di Stefano Feniello, dopo il racconto della fidanzata Francesca Bronzi che lo ha visto seppellito dalle macerie

PESCARA. Non è bastato l’aver provocato il cortocircuito mediatico in cui, suo malgrado, è finito il papà di Stefano Feniello a cui venerdì è stato detto che il figlio era salvo e poi invece no, è ancora lì sotto. Non è bastato neanche che, ieri pomeriggio, Alessio Feniello sfogasse la rabbia e la tensione accumulati in questi giorni urlando «Se Stefano è morto faccio una strage» davanti a tutti gli altri familiari, nell’aula magna dov’erano riuniti con i rappresentanti della Protezione civile. Una reazione che ha colpito nel vivo i suoi interlocutori, alla fine dell’incontro usciti piangendo dall’aula tanta era la frustrazione per quell’enorme equivoco. Tutta colpa di una comunicazione errata, sfuggita per entusiasmo quando, nel tirare fuori la fidanzata Francesca Bronzi, i soccorritori hanno chiesto alla ragazza pescarese chi c’era lì sotto con lei. E lei ha riferito che c'era Stefano.

Un equivoco che da venerdì sta facendo impazzire la famiglia Feniello, provocando la reazione, ieri, del papà che poi è stato allontanato dall’aula. Ma è un problema che in queste ore rischia di riproporsi, perché dopo la notizia ufficiale diffusa dalla Prefettura ieri alle 18, che raccontava di una sesta vittima individuata tra le macerie dell’hotel, in serata ha iniziato a diffondersi la notizia che quel corpo appartenesse al dipendente senegalese dell’albergo. Una notizia apparsa su un sito nazionale che il Centro ha cercato di verificare fino a tarda ora. La prima telefonata è stata fatta alla centrale operativa della Prefettura da dove è stato risposto che per i turni serali bisogna rivolgersi al Coc di Penne. È stato chiamato il Coc di Penne, spiegando la situazione e chiedendo se quel nome fosse vero o meno. E dal Coc non ne sapevano nulla. Quindi, dopo aver contattato anche il sindaco di Farindola, che non ne sapeva nulla perché non si trovava a Farindola, il Centro ha chiamato il rappresentante della Protezione civile per i rapporti con le famiglie dei dispersi e con la stampa. Il quale, dopo aver precisato di avere anche lui un familiare disperso, ha risposto: «Se l’hanno scritto vuol dire che l’avranno saputo da qualche parte». Dopo avergli fatto presente che si stava rischiando un altro cortocircuito mediatico come il caso di Stefano Feniello, l’interlocutore ha detto che si sarebbe informato, ma dopo minuti di attesa è caduta la telefonata e non ha più richiamato. (s.d.l.)

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