«I 7 esperti sono colpevoli»

Il pg Como nella requisitoria d’appello chiede la conferma delle condanne a 6 anni
di Giampiero Giancarli
L’AQUILA
«. La condotta degli imputati ha influenzato le scelte di quanti dovevano scegliere se rimanere in casa o uscire dopo le scosse di terremoto».
Queste le conclusioni del procuratore generale presso la Corte d’Appello dell’Aquila, Romolo Como, che hanno preceduto le sue richieste di conferma della sentenza di condanna di primo grado a sei anni di reclusione per gli ex sette componenti della commissione Grandi Rischi. Nella requisitoria il pg ha chiesto che gli accusati, pur senza aumentare la pena, siano condannati anche per la morte di un’anziana donna di Tempera, Adalgisa Cicchetti, assecondando il ricorso della Procura della Repubblica. Ha infine chiesto al collegio di togliere le pene accessorie.
Una requisitoria pacata e stringata ma che ha inchiodato gli imputati alle loro responsabilità ed è andata subito al sodo.
L’affondo del pg: «La colpa», ha affermato, «non attiene al mancato allarme ma alla errata, inidonea, superficiale analisi del rischio e di una carente e fuorviante informazione che ha fatto mutare i comportamenti degli aquilani non attuando le tradizionali misure dopo scosse forti. La colpa generica consiste nella negligenza e nell’imprudenza nel fare quella valutazione».
Una requisitoria di due ore nella quale c’è stato spazio per una frecciatina a chi aveva definito l’azione penale «un processo alla scienza» e all’attuale capo della Protezione civile Franco Gabrielli. «Ha parlato di sentenza di primo grado che crea problemi e dagli effetti devastanti». E ha poi aggiunto che anche un ministro del governo tecnico aveva fatto al riguardo analoghe considerazioni. Como non lo cita ma si tratta di Corrado Clini, d’accordo con una lettera firmata da 4mila persone, nella quale si parlava di processo alla scienza.
Tutto ruoterebbe sulla decisione dell’allora capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, di indire quella riunione del 31 marzo 2009 per zittire le previsioni apocalittiche del tecnico del radon Giampaolo Giuliani. «Non era proprio un ciarlatano», ha detto Como, «ma un ricercatore che aveva fatto degli studi sul radon». E in questo senso si mosse il vertice della Protezione civile. L’obiettivo era di contrastare Giuliani, definito un «imbecille» come chiarisce la telefonata di Bertolaso diretta all’allora assessore regionale Daniela Stati. «I soggetti convocati in quella riunione», ha incalzato il rappresentante dell’accusa, «ben sapevano il vero scopo della riunione. Contro le voci allarmistiche di Giuliani fu schierata una corazzata, ovvero la commissione Grandi rischi formata da autorevoli scienziati». Di lì l’inadeguata gestione del rischio sismico e il messaggio fuorviante alla popolazione mentre la presenza degli scienziati doveva essere utilizzata in modo ben diverso.
Como ha anche sottolineato come «se fosse stato detto davanti a tutti che lo scarico di energia era una boiata pazzesca, nessuno si sarebbe rassicurato e si sarebbe capito che il rischio di terremoto era alto».
In riferimento alle accuse, Como ha spiegato che «il nesso di causalità è rappresentato nel concreto dal calo di attenzione nel comportamento imprudente degli aquilani a causa delle false rassicurazioni di quella riunione». Da parte della Protezione civile, dunque, si fece solo un’analisi socio-politica che mal si conciliava con quello che si sarebbe dovuto fare.
E per andare sul concreto ha rievocato la vicenda dell’avvocato Maurizio Cora che a causa del sisma ha perso la famiglia intera. «C’era una tale confusione», ha detto il pg ripetendo le parole di Cora in istruttoria, «e non sapevamo che fare ma quando abbiamo sentito la commissione ci siamo rassicurati». «Al punto», ha aggiunto Como, «da far tornare in città la figlia, che in quel momento si trovava a Napoli».
«Perché», si è chiesto retoricamente il pg, «dopo la scossa del 30 marzo in molti dormirono fuori casa e il 6 aprile non fu così?».
In precedenza i giudici (Francabandera, De Matteis, Flamini) avevano accolto la richiesta delle parti civili rappresentate dai legali Attilio Cecchini e Angelo Colagrande, osteggiata dalle difese, di far entrare nel materiale probatorio uno spezzone di una trasmissione Rai, della quale è stato ritrovato il sonoro. Nel filmato uno degli imputati, Bernardo De Bernardinis, affermava, dopo la riunione del 31 marzo 2009, che «non ci aspetta una crescita di magnitudo». Il breve filmato è stato poi visionato.
Ieri erano presenti cinque imputati su 7: Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Mauro Dolce. Contumaci Claudio Eva e Gian Michele Calvi. Tutti sono accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose.
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