I residenti: «Un boato, poi le fiamme dall’ascensore»

Il racconto degli inquilini del palazzo in via Garonna: abbiamo avuto paura di un’esplosione e siamo corsi fuori, i corpi bruciati spenti con pentole d’acqua
MONTESILVANO. «Io stavo sul divano a guardare la televisione, poi, all’improvviso ho sentito dei lamenti come il pianto di un bambino. Non gli ho dato troppa importanza ma, in pochi secondi, quei lamenti sono diventati delle grida più forti, di dolore, e sono uscito di corsa dalla porta». A raccontare quegli attimi infiniti di paura nel condominio di via Garonna 15 è uno dei residenti: «Io abito al terzo piano e, di corsa, mi sono buttato giù per le scale. Dopo appena una rampa, insieme al mio vicino di casa abbiamo sentito un botto fortissimo, come l’esplosione di un grosso petardo. Abbiamo visto una fiammata e il fumo uscire dall’ascensore: fiamme e fumo ci hanno quasi investito, tanto che per andare avanti abbiamo dovuto girare la testa dall’altra parte. Così, abbiamo proseguito a scendere le scale e, una volta arrivati al primo piano, abbiamo visto una scena che è impossibile dimenticare». Le porte dell’ascensore erano aperte: «All’interno si vedeva qualcosa che bruciava. Non sembravano persone ma qualche giubbotto buttato a terra. Abbiamo capito soltanto dopo qualche secondo che erano due corpi in fiamme e che dovevamo fare qualcosa subito». Il residente del terzo piano ha bussato forte alla porta di un altro vicino per chiedere aiuto: un pugno sul portone e la porta si è aperta. L’inquilino del primo piano, a un passo dall’ascensore, racconta: «Ho visto la fiammata dall’occhiolino del portone e sono rimasto a bocca aperta. Poi, sono uscito».
I residenti del condominio sono stati i primi a soccorrere Liliana Agnellini, 65 anni e residente al quarto piano, e Damiano Verna, l’ex carabiniere del comando provinciale di Pescara, 68 anni di Pianella: «Abbiamo spento le fiamme», rivelano i residenti, «con quello che abbiamo trovato subito in casa, bottiglie e pentole piene d’acqua. I due erano irriconoscibili e nessuno di noi aveva capito che si trattava della signora del quarto piano. I corpi erano stesi a terra: l’uomo muoveva piano piano un braccio e una mano mentre la donna non si muoveva e sembrava morta. È stata una scena straziante: i vestiti erano bruciati addosso ai corpi quasi carbonizzati».
I residenti hanno chiesto aiuto al 118, ai vigili del fuoco e ai carabinieri. Intanto, la tromba delle scale del palazzo è stata invasa subito dal fumo: «Abbiamo avuto paura e tutti siamo corsi giù in cortile, in pigiama e senza prendere niente se non una coperta e le chiavi della macchina», racconta un altro residente, «con l’ascensore bloccato, anche i bambini sono stati costretti a passare su quello stesso pianerottolo. Per non fargli vedere quello che era successo abbiamo cercato di coprirgli gli occhi». Qualcuno ha passato la notte a casa di parenti e amici.
Poteva essere una strage, questo si raccontano tra di loro i residenti. Di fronte alle fiamme che uscivano dall’ascensore, tanti hanno pensato a un attentato messo a segno da Roberto Di Santo, il bombarolo originario di Roccamontepiano e ancora in fuga. Anche i carabinieri, nei primissimi minuti, hanno pensato a un altro colpo di Di Santo, dopo le bombe nella casa di Cepagatti e l’attentato al tribunale di Chieti. Poi, si è capito che dietro la tragedia c’era la gelosia di un uomo che non voleva rassegnarsi a essere lasciato.
Non era la prima volta che i residenti vedevano Verna: «Prima di Natale, qui sono intervenuti 118 e carabinieri, ho aperto io il portone d’ingresso», racconta un inquilino, «lui aveva tentato di uccidersi tagliandosi le vene con un coltello. Noi lo abbiamo saputo soltanto ora, nella notte di questo drammatico incidente e, adesso, continuiamo a chiederci perché non sia stato fatto qualcosa in tempo per evitare tutto questo».
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