I rom chiedono scusa alla città ma a Vasto monta lo scontro 

Nostro viaggio nel rione San Paolo dopo i contagi: in un alloggio di 80 metri quadrati vivono in 14

INVIATO A VASTO. In principio fu la kumpània, che nella lingua dei rom significa insieme di più famiglie dello stesso gruppo destinate a incontrarsi. Qualcosa di più imponente della “famiglia estesa”, che comprende i parenti con i quali vengono mantenuti i rapporti di convivenza. E proprio la kumpània che si è ricreata a fine aprile a Campobasso per il funerale di un rom che ha una figlia a Vasto, ha scatenato il contagio prima nel capoluogo molisano, poi a Termoli, a Pescara e, soprattutto qui, in viale Alcide De Gasperi, nel rione San Paolo di Vasto, un’area con 13mila abitanti. Al condominio Primavera, a metà strada, dei 49 residenti che occupano dieci appartamenti, una ventina sono positivi al Covid: sono tutti rom. Ai negativi bisogna rifare presto il tampone. Nel palazzo c’è anche un alloggio di 80 metri quadrati con 14 residenti, anche loro rom.
LA ZONA PRESIDIATA. Due carabinieri controllano che l’edificio resti off limits. Alle 10,15 i pedoni in strada non si vedono. I militari sono in auto nella viuzza che porta al parcheggio interrato del palazzo di fronte, con il veicolo rivolto verso l’ingresso principale dell’edificio dei contagiati. Da alcuni balconi penzolano i tricolori, uno è montato al rovescio. Dell’o styago le romengo, il vessillo del popolo rom con la ruota raggiata rossa, non c’è traccia. Appena i due militari scendono dal mezzo e si avvicinano al portone d’ingresso, il palazzo si desta dal torpore e si scuote: tapparelle che si avvolgono, ombre che spuntano da dietro le finestre, mezzibusti che si sporgono, passeggiate sui balconi. Se poi alle forze dell’ordine si avvicinano un cronista con il fotografo, apriti cielo: parolacce, invettive, minacce, da dentro e da fuori l’edificio e, soprattutto, tutti lì a fare riprese video con i telefonini puntati di sotto. Trenta secondi dopo, il primo filmato è già sullo smartphone del sindaco Francesco Menna al quale uno dei “rappresentanti” della palazzina chiede spiegazioni su quell’insolita intrusione di block notes, penna e clic nell’area contagiata. Certo, per loro noi siamo i gagè, “gli altri”, il resto del mondo che non è rom, quelli che chiamano loro zingari e che pensano che siano ladri e senza un briciolo di cultura. Ma generalizzare non aiuta nessuno. La tolleranza viene prima di tutto. E da tutti. C’è un movimento appena percettibile nell’androne del palazzo: qualcuno è sceso in tuta, finge di sgranchirsi le gambe, si affaccia guardando con indifferenza di là e di qua, rientra e sparisce.
NIENTE MODELLO VENETO. «Temo molto i contagi», dice il sindaco Menna, davanti alla chiesa di San Paolo apostolo, «bisogna fermare la diffusione del virus: ci vogliono almeno quindici giorni di controlli serrati. Avevo chiesto che la zona intorno alla palazzina venisse dichiarata rossa per poter fare tamponi a raffica ed avere più forze dell’ordine. Regione e prefetto hanno risposto che per il momento basta monitorare il tutto con le sole forze dell’ordine. Il modello Veneto da questo punto di vista ha fatto breccia e l’avrei visto ben replicato qui. Diciamo che sono sereno solo se le forze dell’ordine continueranno a presidiare la zona».
TRA INDAGINI E SCUSE. Sull’origine dell’infestazione indagano polizia e carabinieri di Campobasso e di Vasto: va accertata l’eventuale violazione dei decreti sui divieti di spostamento tra Comuni e Regioni nella prima fase dell’epidemia. Mino Vastano, nome d’arte di Carmine Bevilacqua, il genero del rom morto a Campobasso, che cerchiamo di contattare al telefono, non vuole aggiungere altro se non rinnovare le sue scuse alla città fatte su Facebook. Dice che è molto scosso per quanto è successo. «Capisco la vostra rabbia e le vostre paura», commenta rivolto ai vastesi, «ma come potevo fermare mia moglie per non farla andare al funerale del padre, lei che ha già perso la madre? Non siamo andati a una festa. Eravamo in pieno panico e disorientati. Siamo addolorati, non potevamo aspettarci una cosa simile».
LO SCONTRO SUI SOCIAL. Ma le scuse non sono bastate a tranquillizzare la città. Sui social si alternano commenti pesanti da parte dei gagé e da parte dei rom. «Oggi non temo per l’ordine pubblico», riprende il sindaco Menna, «anche se questa città durante il mio mandato ha già vissuto un problema simile soffiando su due fuochi fino a che non è successo un fatto gravissimo (l’uccisione del giovane che aveva investito mortalmente la moglie dell’omicida, ndc). Dobbiamo collaborare tutti affinché il virus sia circoscritto, aiutando le famiglie coinvolte. Poi, certo, arriverà anche il momento delle responsabilità penali, delle multe e delle sanzioni. Ma ora bisogna vivere questa situazione con serenità: una minima sobillazione popolare potrebbe creare difficoltà ingestibili». «Non mi piace questo muro contro muro che si è creato in città», dice in strada Alessandra, 21 anni, «bisogna fare di tutto per tornare a più miti consigli. Il tempo aggiusterà le cose». Per Michele «è necessario creare dialogo tra le parti, ma è anche vero che i rom spesso si mostrano troppo presuntuosi con gli altri». Un consiglio viene da Andrea: «Facciamo che, col virus ridotto ai minimi termini, ci si metta intorno a un tavolo per dialogare da persone civili come dobbiamo essere».
IL VOLONTARIATO. Dicono che la Chiesa nel rione faccia tanto per i residenti. Il parroco, don Gianni Sciorra, oggi non c’è e, chiamato più volte al telefonino, non risponde. Lo stesso fa con i messaggi. Intanto si mobilita la Protezione civile che porta generi alimentari e farmaci ai contagiati e a chi è in quarantena. La coordina Eustachio Frangione. Gli ordinativi vengono fatti dai malati a un discount convenzionato per l’emergenza sanitaria e alle farmacie. La consegna del materiale spetta ai volontari, il lunedì e il giovedì, con tutto il protocollo per evitare di contrarre l’infezione. I soldi ritirati dai contagiati, vengono inseriti in un cassetto protetto e inviati a una banca che provvede alla loro sanificazione. Questo prevede il ferreo disciplinare. Anche se qualcuno sollecita il recapito della spesa due giorni prima e chiama alle 2 di notte perché il termometro si è rotto. La kumpània per ora è ancora lontana.
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