IL BLOCCO DELLO SCRITTORE
Racconto in gara per la quinta edizione del concorso letterario “Montesilvano scrive”. Clicca sui tasti di condivisione per votarlo
IL CONTEST Tutti i racconti in gara
IL REGOLAMENTO Partecipa anche tu
Ho paura della pagina bianca. Temo di non essere più in grado di riempirla come un tempo. Non fraintendetemi: diventare scrittore è sempre stata la mia più grande ambizione, ma da quando lo sono divenuto ufficialmente, con tanto di scadenze imposte, non riesco a buttar giù neppure una riga. Molti lo definiscono blocco dello scrittore, io un bel problema. Il mio editore non fa che dispensarmi consigli: "Leggi un romanzo, cerca di trarne ispirazione, vedrai che non è nulla di grave. Tutto s'aggiusta". Cazzate. Una volta preso, il "blocco" non te lo scrolli più. Ho navigato in rete, ho cercato una soluzione. Ma niente. Dopo un'accesa discussione col boss, mi viene intimato di chiudermi in casa, di piazzarmi davanti al pc e di lasciar straripare il fiume di parole che da troppo tempo avevo arginato. Io, per tutta risposta, ho girato sui tacchi e sono sgusciato via, fregandomene di tutto il resto. Dopo mesi e mesi trascorsi a patire la fame, il direttore responsabile di una prestigiosa rivista a tiratura nazionale, su richiesta del mio ex editor, mi contatta e mi propone di collaborare. Accetto entusiasta, dopotutto ho una figlia da sfamare, non posso permettermi di ciondolare ancora per casa. I colleghi giornalisti si rivelano degli emeriti cretini. Mi danno dello stupido perché ho mollato la casa editrice più nota del Paese, rifiutando una cospicua somma di denaro. Loro non conoscono il fatidico blocco dello scrittore, in verità non sanno 'manco cosa significhi scrivere bene. Un giorno, davanti a una tazzina fumante di caffè, converso col caporedattore, che mi svela di aver ritrovato da poco la capacità di scrittura. Con gli occhi sbarrati rimango in religioso silenzio a sentire il racconto del collega, poi lo interrompo. "Ma come... come ci sei riuscito?". Lui accenna un sorriso, con l'aria di chi la sa lunga. "Facile - si stringe nelle spalle - devi liberarti di tutto ciò che ti opprime".
Quando torno a casa, trovo mia figlia nell'androne. Ha un ampio sorriso stampato sulle labbra. Mi avvicino e mi chino su di lei. Le poso un tenero bacio sulla guancia. Lei mi getta le braccia al collo e mi stringe in un forte abbraccio. Ne approfitto per estrarre un coltello dalla tracolla e piantarglielo nella schiena.
©RIPRODUZIONE RISERVATA