Il boss: mi uccido, non morirò di cancro Il carcere dell’Aquila aumenta i controlli 

Scatta l’allerta dopo il ritrovamento di un pizzino che l’ex capo di Cosa Nostra aveva indirizzato alla sorella Rosetta Il Gruppo operativo mobile delle Costarelle si mobilita: cella sorvegliata 24 ore, rasoio e fornellino da restituire dopo l’uso

L’AQUILA. «Mi uccido, non morirò di tumore». Le volontà di Matteo Messina Denaro, in un pizzino trovato in possesso della sorella Rosetta, hanno fatto salire ai massimi livelli l’allerta nel supercarcere aquilano delle Costarelle. La vigilanza attorno al superboss stragista, su disposizione del ministero della Giustizia, è stata potenziata nell’arco delle 24 ore.
Vigilanza affidata al Gruppo operativo mobile (Gom), il reparto specializzato della polizia penitenziaria cui la legge demanda la custodia dei detenuti sottoposti al regime speciale del 41 bis.
Messina Denaro si trova rinchiuso nel penitenziario abruzzese dalla metà di gennaio. A lui è “dedicato” un settore delle Costarelle dove ci sono sei piccole celle: tre oggi sono vuote (in una in passato pare fosse stata rinchiusa la compagna dell’anarchico Alfredo Cospito), una è occupata dal boss mafioso, una è stata allestita come ambulatorio a servizio del detenuto, malato di tumore, e in una terza c’è l’impianto di videoconferenza nel caso Messina Denaro volesse testimoniare nei processi in cui è coinvolto.
Tutta l’area è sorvegliata da diverse telecamere, mentre gli agenti del Gom si alternano per il controllo del detenuto, al quale sono stati tolti oggetti o strumenti che potrebbero indurlo a gesti autolesionistici. Il rasoio per la barba, ad esempio, va restituito, così come il fornellino con cui si fa il caffè. Anche tutti i pasti vengono verificati attentamente prima di essere serviti.
Ma che cosa c’era scritto nel biglietto sequestrato dai carabinieri?
«Non morirò di tumore. Appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa». È quanto rivelato da Repubblica. Un testo che risale al 10 maggio 2022 ed è stato scritto da Matteo Messina Denaro per la sorella Rosetta, arrestata lo scorso 3 marzo a Castelvetrano, in Sicilia.
Dopo essere sfuggito alla cattura delle forze dell’ordine per quasi trent’anni, il boss di Cosa Nostra aveva iniziato a pensare alla sua morte. Ma voleva essere lui a decidere quando e come andarsene. Il documento in cui Messina Denaro rivela i suoi piani è soltanto uno dei quasi mille pizzini ritrovati dai carabinieri del Ros tra l’appartamento di Campobello di Mazara e il casolare di campagna dove Rosetta andava di tanto in tanto. «Ho capito, anche se già lo sapevo, che ho una forza di volontà stupefacente, invidiabile. Non cammino col fisico, cammino con la forza di volontà. Io mi fermerò appena morirò, non prima», ha scritto il boss di Cosa Nostra nello stesso pizzino del 10 maggio scorso.
Ed è proprio per queste dichiarazioni che Messina Denaro viene sorvegliato giorno e notte all’interno del carcere dell’Aquila. Proprio per evitare che, approfittando dell’assenza di guardie, possa provare a togliersi la vita. Dai pizzini ritrovati a casa della sorella Rosetta sembra che il superboss siciliano stesse pianificando un’uscita di scena plateale, al pari di quella del padre Francesco, stroncato, forse da un infarto, il primo dicembre 1998. Quel giorno, la polizia lo trovò disteso a terra, nelle campagne di Mazara del Vallo, con le mani giunte e un abito elegante, con tanto di cravatta. «Con la morte ho un rapporto particolare», scriveva anni fa Messina Denaro all’ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino, noto per aver intrattenuto una corrispondenza coperta dai servizi segreti proprio con il boss latitante. «Da ragazzo la sfidavo con leggerezza, da incosciente, da uomo maturo la prendo a calci in testa perché non la temo», aggiungeva Messina Denaro. Il decorso della malattia, però, sembra aver guastato i suoi piani. Il 13 novembre 2020 Messina Denaro si è dovuto sottoporre a un intervento chirurgico e iniziare un ciclo di chemioterapia. Poi, a metà del 2021, una seconda operazione. Un andirivieni dall’ospedale che lo ha costretto a uscire allo scoperto e abbassare la guardia, fino al fatidico giorno dell’arresto, il 16 gennaio.
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