Il fronte del no cala l’asso e smonta il pericolo cervi

7 Novembre 2024

Ecco la memoria depositata al Consiglio di Stato dai legali degli animalisti «Solo lo 0,2% di incidenti stradali è stato causato dalla fauna selvatica»

L’AQUILA. «Nell’ambito del bilanciamento degli interessi in conflitto, a fronte di un rischio per la specie che è solo allegato e non dimostrato, il collegio ritiene di poter dare preminenza a quello della sicurezza stradale che include anche la tutela dell’incolumità fisica degli individui». Così ha scritto il Tar L’Aquila respingendo la richiesta di sospensiva della delibera di giunta regionale che autorizza l’abbattimento di 469 cervi.
Su questa frase si gioca oggi il secondo round della partita davanti al Consiglio di Stato, a cui sono ricorse le associazioni ambientaliste Wwf Italia, Lndc Animal Protection e Lav-Lega antivivisezione.
Il giudice d’appello ha già decretato d’urgenza lo stop temporaneo alla delibera proposta dall’assessore alla caccia, Emanuele Imprudente, in attesa dell’udienza cruciale di questa mattina a Roma. In cui potrà confermare oppure la sospensiva. Ma alla vigilia dell’ora X, gli avvocati delle ricorrenti, Michele Pezone e Francesco Paolo Febbo, hanno calato un asso.
COLPO MIRATO.
Con quattro pagine di memoria integrativa, che il Centro anticipa, la difesa punta a smontare le conclusioni del Tar, dimostrando, numeri alla mano, che la tesi della sicurezza stradale prevalente su tutto il resto, non ha i piedi per reggersi.
«Secondo gli ultimi dati Istat sugli incidenti stradali del 2023 (relativi all’anno 2022), solo lo 0,2% si riferisce ai danni complessivi causati da tutta la fauna selvatica e dagli animali domestici per cui», scrivono gli avvocati, «gli eventuali danni cagionati da cervi sarebbero del tutto trascurabili e certamente non tali da giustificare il predetto giudizio di prevalenza».
MORTI DA DOPPIETTA.
Suggestivo e incisivo è poi il paragone cervi-cacciatori.
«Al contrario, l’ultimo dossier realizzato dall’Osservatorio dell’Associazione Vittime della Caccia 2023-2024 documenta nella scorsa stagione il bollettino “da guerra” di 68 vittime, di cui 12 morti e 56 feriti. In Abruzzo le vittime sono state 3, di cui due feriti (un cacciatore ed un non-cacciatore) ed un morto (non cacciatore). Non risultano, invece, persone decedute a seguito di un incidente stradale con un cervo». Così si legge sulla memoria integrativa.
COLPI A SALVE.
«A fronte di questi dati - scrivono i legali - appare davvero illogico individuare nella tutela dell’incolumità pubblica l’elemento decisivo per dare preminenza all’attività di caccia al cervo, come ritenuto dal Tar Abruzzo. Peraltro, l’attività di caccia di cui alla delibera impugnata, non essendo finalizzata al controllo (di cui non vi erano i presupposti), non porterebbe a una riduzione della consistenza numerica della specie e non avrebbe alcuna incidenza sulla eventuale causazione di incidenti stradali. In realtà», affermano, «lo scopo dei piani di selezione articolati per classi di sesso e di età non è affatto quello di sfoltire la popolazione della specie cacciata ma di consentire la caccia lasciando inalterata la capacità della popolazione di sostenersi numericamente. Quindi questa attività venatoria non avrebbe alcuna incidenza sulla prevenzione di presunti incidenti stradali causati da cervi».
EFFETTO DOMINO.
Ma c’è anche un altro punto suggestivo e realistico al tempo stesso: «Si torna ad evidenziare che i Cervi sottratti a Lupi e Orsi per la loro alimentazione contribuiscono a determinare l’avvicinamento di questi animali agli insediamenti umani, con ulteriore rischio per l’incolumità umana che l’ordinanza impugnata vorrebbe proteggere».
LA CONCLUSIONE.
Gli avvocati Pezone e Febbo quindi tirano le somme: «Tenuto conto dell’assenza di dati certi sulla consistenza dei cervi e sull’impatto della caccia su specie particolarmente protette, trova applicazione il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, nella prospettiva del bilanciamento tra i contrapposti interessi, occorre accordare prevalenza agli interessi connessi alla tutela dell’ambiente e della fauna selvatica, rispetto a quello alla libera esplicazione dell’attività ludico-sportiva della caccia». Oggi il verdetto. (l.c.)