IL PD PARTITO SENZA IDENTITÀ

11 Maggio 2013

 

Non è stato mai così forte come ora che appare debole. Condannato pure in secondo grado: 4 anni per la frode fiscale dei diritti tv Mediaset. La prima volta in un appello, la terza sentenza di colpevolezza pronunciata in sei mesi. Con l'alea dell'interdizione dai pubblici uffici per i prossimi 5 anni. Via. Fuori gioco. Cartellino rosso. Invece no. Rieccolo oggi pomeriggio in piazza a Brescia contro i "giudici politicizzati". Ma il governo non si tocca. Nonostante l'emorragia milionaria di voti, il Cavaliere è l'unico in questa fase a muoversi con un lucido tatticismo. Ha auspicato da subito un'alleanza con i "comunisti" per il bene del paese e - grazie alla dissennatezza degli avversari: Pd, Sel e M5S uniti solo nel farsi del male - l'ha realizzata. Ha fatto dell'abolizione dell'Imu - la tassa più odiata dagli italiani - la bandiera della riscossa elettorale e sta per incassare il rinvio del pagamento della rata di giugno. E tra un po', quando i sondaggi saranno sufficientemente favorevoli (autunno? inizio anno prossimo?), è pronto a ribaltare il governo imputandogli l'inevitabile perdurare della crisi economica. Nuove elezioni, infine, e possibilità di vittoria. Un incubo per molti. Un sogno felice per quel terzo di elettori che neppure stavolta l'ha abbandonato.

La sinistra italiana continua a non capacitarsi del perché il Cavaliere sia ancora in sella a dispetto di un ventennio sciagurato. Ma le forze della sinistra non hanno saputo analizzare in tutti questi anni l'essenza del berlusconismo.

Al massimo ne hanno fatto un caso giudiziario. Ma non sono mai riusciti ad andare al fondo dei legami sociali che Berlusconi (e il suo più fido alleato, la Lega Nord) ha intrecciato con la realtà economica del nostro paese, a partire dalla parte più ricca e dinamica. Berlusconi e la Lega sanno chi sono, che cosa rappresentano, chi tutelano, quali sono gli istinti - anche quelli meno onorevoli - del loro elettorato. Lo sa persino Beppe Grillo. Il suo Movimento 5 Stelle raccoglie consensi in parti pressoché uguali sia da destra che da sinistra oltre che dai giovani al primo voto e dall'area dell'astensione. È il motivo per cui quel non-partito è condannato all'immobilismo. Ma la sinistra invece chi e cosa rappresenta? È il grande enigma di questa infinita transizione cominciata con Occhetto, passata per Prodi, D'Alema, Amato, Rutelli, Veltroni, Franceschini, Bersani, Vendola e oggi non si sa ancora il volto di chi impersonerà. Ha perso le sue radici se è vero che in passato i voti degli operai del Nord finivano a Bossi e ora a Grillo. Come pure quelli di insegnanti e impiegati, ha spiegato ieri sul "Corriere della Sera" Antonio Polito. Una sinistra che non scalda i cuori né infervora le menti. Chiusa nelle sue stanze, preoccupata di salvaguardare la nomenclatura (non è questione di età in questo caso). Né socialdemocratica né liberalsocialista, né tantomeno socialcristiana. A tratti massimalista. In bilico tra la rassicurante vocazione dell'opposizione e la spregiudicata gestione del potere, e condannata a restare così finché non comincerà a studiare e a interpretare con umiltà i bisogni profondi dell'Italia.

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