Il quotidiano degli abruzzesi vi augura Buon Natale

Con un racconto di Natale la redazione del Centro è lieta di fare i migliori auguri ai suoi lettori

BUON NATALE-  Racconto vincitore del Festival letterario Montesilvano Scrive

di Anastasio Karonis

Davvero, un sincero buon Natale. Spesso la notte di Natale giro per la mia città. Mi piace vedere come, durante quella notte, in tanti riescano a cambiare. Giro in macchina. Strade vuote. Vado. Passo davanti la stazione. È la stessa del 13 maggio. Ma sembra diversa. A piccoli passi mi muovo e osservo chi la vive. Sono pochi i vagabondi. Di solito, in quella notte, anche le case d'accoglienza sono più buone e aprono un po' di più le loro porte e organizzano un grande cenone con tanti volontari che vogliono passare una sola notte diversa, fantastici nell'annunciare al mondo che non mangeranno pesce con i parenti, andranno a cucinare a chi è meno fortunato, ma i regali lasciarglieli sul tavolo. Le scarpe nuove le porto, semmai le metto dopo, da subito no, le sporcherei di certo.

E al cenone, nella grande sala, i più mischiano lacrime al brodo. In stazione c'è Totò. È in crisi d'astinenza. È al telefono. Cerca di comporre un numero. Non ci riesce. I tasti gli sembrano sempre più piccoli, sempre più lontani. Ha gli occhi chiusi e le mani gonfie e tremanti. Non si regge in piedi. Puzza. Parla da solo. O forse no. Forse parla al telefono che non riesce ad usare, forse parla al mondo, alla sua bambina, alla mamma e al papà. Piange in silenzio. Ha capito che non riuscirà a farsi in quella notte. E allora continua a parlare, quasi un urlo senza voce, ai suoi amici, a chi l'ha fatto iniziare, a chi non l'ha fatto smettere, alla sua donna. È solo. In quella notte forse parla a Gesù Bambino, credendo che, almeno lui, possa ascoltarlo. La messa è finita. Le immagini si ripetono nella nebbia di città. Tutti felici: giacche, cravatte, tacchi e gonne. Passano i regali di mano in mano, come passarli levasse via un senso di vergogna e di impotenza. Ma c'è altro a cui pensare. La taglia andrà bene? Se vuoi il colore, puoi cambiarlo.

E poi quelli mano nella mano, con i genitori di lui e i genitori di lei che si danno appuntamento per la sera dopo a mangiare castagne. Lei è contenta, non vuole ricordare il volto del padre arrabbiato, non ne vuole ricordare i gesti, le scuse, i pianti. Le mattine a scuola a raccontare di quelle scale, maledette. Sempre scivolose, colpa della signora delle pulizie. Lei spesso cade e si fa sempre delle brutte ferite sul viso. Ma non vuole ricordarlo. Non in quella notte. Domani saranno tutti a mangiar castagne.

Inizia a esser tardi. Si torna a casa. Si è felici. C'è chi fa l'amore, perché in una notte come quella si fa l'amore. E c'è chi non fa l'amore, perché in una notte come quella non si fa l'amore. In una casa, dietro la finestra, c'è chi si chiede cosa sia l'amore. C'è chi si chiede se davvero si possa continuare ad amare chi il destino ci ha portato via. Chi la sera prima aveva bevuto un po' troppo, e si sa, gli alberi sono duri e lenti, troppo lenti a spostarsi. E una lacrima scende piano.

In quella sera in cui tutti siamo un po' più buoni, tutti siamo un po' più belli, tutti un po' più contenti, il tutti inizia a crollare. Seduto in sala, osservo il mio albero e penso a mia madre che lo fa solo perché a me piace vederlo.

Continuare a fare, per una notte, qualcosa di diverso.Dentro le scarpe belle, nei calzini nuovi, nei pantaloni che piacciono tanto a lei, nella maglia regalata ora. La faccia contenta dentro la TV che ci augura buone feste, poi ci ricorda come il mondo cada a pezzi anche a Natale e poi di nuovo il servizio sulla giusta ricetta del panettone. E intanto lo zucchero a velo cade sulle nostre ali e i più deboli non riusciranno ad aprirle di nuovo, e i più golosi si preferiranno così, con tanto zucchero.