Il sansificio chiude un anno già licenziati 14 lavoratori

L’azienda costretta a rimanere ferma perché la raccolta di olive è andata male Il titolare Schiavone: «Rischio il fallimento, ma il Comune dovrà pagare i danni»

PESCARA. Il sansificio rimarrà fermo per almeno un anno. Non per dell’ordinanza del 6 giugno scorso che imponeva all’azienda di strada vicinale Torretta la sospensione dell’attività fino alla soluzione definitiva del problema della puzza. Ma per colpa delle olive. Il raccolto quest’anno è andato male e la fabbrica Schiavone biocalore non ha quindi la materia prima da lavorare e da trasformare in sansa. «Rimarremo fermi almeno fino ad ottobre dell’anno prossimo», ha detto il titolare Christian Schiavone.

Probabilmente, tireranno un sospiro di sollievo quei cittadini che nei mesi scorsi avevano organizzato delle proteste contro il sansificio, accusato di aver reso l’aria irrespirabile con l’emissione di fumi maleodoranti. Per diversi giorni, Pescara era stata invasa dalla puzza, al punto che il sindaco Marco Alessandrini era stato costretto ad emanare per ben due volte un’ordinanza per fermare l’attività del sansificio.

E ora proprio per quelle ordinanze, secondo il titolare, l’azienda starebbe rischiando il fallimento. Lo ha rivelato ieri lo stesso Schiavone. «È dal 6 giugno scorso che siamo fermi», ha fatto presente l’imprenditore, «ovviamente, se non mi fanno lavorare l’azienda ne risente economicamente». E i primi a pagarne le conseguenze sono stati i lavoratori. Su 17 dipendenti, sono rimasti in 3. «Sono stato costretto a licenziarne 14, perché il lavoro non c’è e mancavano i soldi per pagare gli stipendi. I 3 operai rimasti mi aiutano ora nella commercializzazione dei prodotti».

Il titolare non ha nascosto la sua preoccupazione per il futuro dell’azienda. «Non ho più soldi per muovermi», ha affermato, «mi trovo al momento nella condizione di mezzo tra il fallimento e il non fallimento. Non ho altre possibilità al momento, non so per quanto tempo potrò tirare avanti».

L’imprenditore ha detto di aver valutato anche la possibilità di trasferire altrove la sua azienda per risolvere così il problema della puzza lamentata dai cittadini. «Sarei anche disponibile a traslocare», ha sottolineato, «ma la mia fabbrica è in una zona industriale e sta bene dove sta ora, non è colpa mia se la città è stata costruita dentro la zona industriale».

L’imprenditore non si dà per vinto. È ricorso alle vie legali per contestare l’ultima ordinanza del 6 giugno scorso e ha già avviato la richiesta di un risarcimento danni al Comune. «L’amministrazione comunale è responsabile per aver bloccato la mia attività», ha precisato Schiavone, «il mio avvocato ha richiesto un risarcimento dei danni, ma non so a quanto ammonta la cifra richiesta».

Si parla, forse, di centinaia di migliaia di euro o, addirittura, di qualche milione. È questo l’ultimo capitolo di una vicenda cominciata alla fine dell’anno scorso, quando la Provincia, allora titolata a rilasciare le autorizzazioni, trovò delle irregolarità nel sansificio durante dei controlli. Le emissioni nell’aria, inoltre, superavano alcuni parametri.

Da allora, per Christian Schiavone, cominciò un calvario. La Provincia invitò l’impresa Schiavone biocalore a non rimettere in funzione l’impianto fino al superamento delle criticità riscontrate dai tecnici dell’ente e dell’Arta. Così, da gennaio al 6 giugno scorso, quando cioè il sindaco ha ordinato al sansificio di anticipare la sospensione estiva della produzione, l’azienda di strada vicinale Torretta ha lavorato a singhiozzo. E le conseguenze, a detta dell’imprenditore, sono state subito pesanti per i bilanci. Al punto da spingere il titolare, il 12 aprile scorso, a scrivere una lettera al sindaco per cercare di convincerlo a cambiare idea. «Il processo di essiccazione della sansa», si leggeva, «è un processo naturale e non produce emissioni nocive per l’ambiente e la salute umana».

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