Il santone dell’oro dei rom

Un patto di ferro tra il ricettatore di Napoli e gli zingari

PESCARA. «Gli zingari no, non me le fanno queste cose a me». Parla al telefono Italo Ercolani, 60 anni, il santone dell’oro dei rom finito in carcere all’alba di venerdì per ricettazione insieme a tre fratelli rom. Con questa frase spiata, Ercolani, presunto acquirente della corona della Madonna dei sette dolori, rivela alla squadra mobile il patto di ferro che ha stretto con gli zingari per ripulire l’oro rubato a Pescara, Giulianova, Chieti e Ascoli Piceno, piazzarlo a Napoli e lucrare migliaia di euro.
L’oro è una garanzia anche per la malavita: da due anni il prezzo galoppa. Ha superato i mille dollari l’oncia, con la crisi è un rifugio sicuro.

«TI OFFRO UN CAFFE’»
Ercolani, napoletano ma residente ad Alba Adriatica, si muove dietro le quinte: è un personaggio pulito che gode della fiducia dei rom dell’Abruzzo e tratta con gli zingari facendosi invitare nelle loro case «a prendere un caffè». Quando, il 23 dicembre 2009, una zingara si lamenta con lui perché «da tre giorni» non si fa vivo, Ercolani la rassicura e chiude il caso: «Vengo dopo le quattro, tranquilla».

Ma perché Ercolani è diventato il punto di riferimento dei rom di tutto l’Abruzzo? Se gli zingari gli sono fedeli senza sgarrare, significa che ha un ascendente sulle famiglie rom. Un potere consolidato: già dal 2000, con il coinvolgimento nel primo furto della corona della Madonna dei sette dolori, il ricettatore è presente a Pescara. Con queste premesse, il ricettatore può essere l’avamposto di un’organizzazione malavitosa che si è radicata sul territorio? Appare l’ultimo anello di una catena che ha unito l’Abruzzo a Napoli. E chi sta al di sopra di questo personaggio enigmatico?

L’ORO DI NAPOLI
Ercolani è uno che mantiene la freddezza anche dopo il sequestro di una partita d’oro di 643 grammi a Napoli. Accade il 10 dicembre 2009: «Se vengo a casa tua la mattina alle 5, ti prendo e ti porto al pullman, ti do l’oro addosso e tu vai a Napoli», così il ricettatore dà gli ordini alla sua complice - una romena di 39 anni, incensurata, destinataria dell’obbligo di dimora a Colonnella ma ancora ricercata dalla polizia - e la accompagna al terminal bus di Porto d’Ascoli: la missione della donna, dietro compenso di duecento euro, è trasportare i gioielli a Napoli. Ma i poliziotti di Napoli, su indicazione degli agenti della squadra mobile di Pescara coordinati da Nicola Zupo, controllano la romena quando scende in piazza Garibaldi e trovano l’oro dentro la borsa. Quando la donna lascia gli uffici della squadra mobile di Napoli, ad aspettarla c’è Ercolani che la rimprovera perché ha dichiarato che l’oro non è suo.

Ma Ercolani sa come rimediare: dice che l’accompagnerà da un avvocato e che lei dovrà spiegare che l’oro è suo e ha detto il falso perché, davanti alla polizia, si è spaventata. «Dopo ti do cento euro... il telefonino lo cambiamo un’altra volta, lascia perdere», così Ercolani rassicura la complice. Poi ostenta scaltrezza: «Questa roba io la posso avere indietro anche se passano due, tre anni. Me la danno indietro se il processo va in prescrizione, hai capito?». Ercolani si spiega meglio: «Io dico sempre è roba mia, poi vallo a provare tu se è stata rubata. Poi me lo devi provare eh, a meno che non è un pezzo particolare».

IL SOGNO PREMONITORE
Ercolani, la notte prima del viaggio a Napoli, fa un sogno premonitore: «Ho sognato di brutto, i poliziotti... mi sono svegliato alle tre, poi mi sono visto un po’ di film e mi sono riaddormentato». Ma il sogno non impedisce la trasferma a Napoli del giorno dopo che, per la sua complice, termina in questura.

«CHI E’ IL TRADITORE?»
La trasferta napoletana non è la prima che va male: «Qualcuno ha soffiato, qualcuno mi ha fatto la spia», mormora Ercolani anche due settimane prima - è il 26 novembre 2009 - subito dopo il sequestro di 850 grammi d’oro che la polizia gli ha trovato nelle mutande. Della perquisizione subita sull’A25, a Magliano dei Marsi, ne parla anche con la donna romena: «Qua sta venendo male a tutti», avverte, «adesso mi hanno fermato per la strada e mi hanno tolto 850 grammi d’oro». Quando la sua Audi A3 viene fermata, Ercolani sa già di essere pedinato. Perché? È lui stesso a spiegarlo in un’altra conversazione intercettata: «Ho visto una macchina sotto casa mia alle sei meno un quarto e non se ne andava... allora ho detto adesso scendo e me ne sono andato logicamente». Ercolani non rinuncia a portare l’oro a Napoli e viene bloccato per strada: «Mi hanno messo la macchina sottosopra e mi hanno detto ti dobbiamo perquisire addosso, tutta quella roba, mi hanno rovinato diecimila euro». Ma perché Ercolani va in trasferta con l’oro negli slip sfidando la polizia? Colpa dei soldi: «Mi volevo fermare ma non avevo più soldi», confida alla romena.

«GLI ZINGARI NO»
Ma chi ha tradito Ercolani? «Gli zingari?», suppone la romena. «No, gli zingari no», risponde sicuro Ercolani, «non me le fanno queste cose a me». Ercolani ci mette la mano sul fuoco che non sono stati gli zingari a parlare. «Non me le fanno queste cose a me»: Ercolani si fida dei rom e viceversa, non mette in discussione l’alleanza costruita sugli affari.

GLI AFFARI CON I ROM
Il patto dei soldi tiene uniti Ercolani e i rom ed esclude l’infamia: «Ercolani», scrive il gip Carla De Matteis nell’ordinanza, «veniva rifornito di oro di provenienza illecita da Anna Bevilacqua che agiva come complice del fratello Carmine e della sorella Loreta». Anche i tre fratelli sono stati arrestati: domani, forse, gli interrogatori. Il 13 novembre 2009 è Anna Bevilacqua, 43 anni di Montesilvano, a cercare Ercolani per un incontro. Succede «anche nel periodo prenatalizio», fa notare il gip: «Vieni a prendere un caffè?», domanda la zingara. Ercolani dice di sì.

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