Il sindaco dei colori ammalia Pescara

16 Aprile 2011

Folla al convegno con Edi Rama: «La bellezza è più intimidatoria della polizia»

PESCARA. Una spennellata di arancio e cresce la partecipazione alla vita sociale. Un tocco di rosso e i cittadini iniziano a pagare le tasse. Una rifinitura con il verde, il turchese e il giallo e schizza verso l'alto la percezione di sicurezza, senza aumentare di una sola unità i poliziotti in giro per Tirana.

Edi Rama, il poliedrico artista che dal 2000 a oggi ha ricoperto la carica di sindaco della capitale albanese, entusiasma Pescara con il racconto di una bella e rassicurante storia a lieto fine. Nelle strade grigie della città appena uscita dall'incubo del comunismo, il veicolo del colore e dell'estetica è impugnato come un'arma per combattere emergenze sociali come violenza ed evasione fiscale. «La bellezza è più intimidatoria della polizia», spiega Rama in un perfetto italiano, eredità della nonna materna.

Le parole del sindaco di Tirana coinvolgono ed emozionano le oltre 500 persone raccolte ieri all'auditorium De Cecco, in occasione del convegno "Democrazie a colori" che è stato promosso dall'associazione Europa prossima di Marco Presutti e Gianluca Fusilli. In mattinata, la passeggiata di rito lungo la riviera, il porto turistico e il centro cittadino, in compagnia della moglie e dell'ex sindaco Luciano D'Alfonso, lo portano ad ammirare il Ponte del Mare e il palazzo Arlecchino a piazza Salotto. «Pescara è una bella città mediterranea», commenta, «possiede l'energia giusta per introdurre elementi di avanguardia e modernità».

Il modo di intendere il concetto urbanistico ricorda la teoria della finestra rotta applicata negli anni Novanta a New York da Rudolph Giuliani. Ma al pugno di ferro adottato dal sindaco-sceriffo, l'artista Edi Rama oppone il tripudio di colori e forme geometriche. Il tutto a costi contenuti e con l'aiuto di giovani talenti locali. Allo scetticismo iniziale - un osservatore europeo definisce la trovata «un indecoroso atto di violenza nei confronti della città» - segue il consenso generale e la consacrazione della stampa.

Guai però a suggerire l'importazione del modello Tiranna sull'altra sponda dell'Adriatico: «Il nostro non è un esempio da riprodurre, ma un caso di cui discutiamo». E alla richiesta di una voce dal pubblico che gli chiede di «venire un po' a Pescara», se la cava con una battuta: «Non potrei, qui c'è troppa democrazia».

Tante le personalità del mondo politico, imprenditoriale e dell'associazionismo cittadino che prendono la parola: il direttore del Censis Giuseppe Roma, il presidente della fondazione Pescara Abruzzo Nicola Mattoscio, il collaudatore del Ponte del Mare Enzo Siviero, il presidente del consiglio regionale del Molise Michele Picciano e la portavoce delle donne Pd Francesca Ciafardini.

Tra un discorso e l'altro anche una piccola contestazione di una minoranza albanese, subito frenata. Applausi, invece, per D'Alfonso che porta il discorso dall'Albania all'Abruzzo. «Non si può amministrare bene se la collettività è addormentata», alza la voce, «Bisogna produrre idee e intercettare i flussi, non puntare all'ampliamento dei confini».

Il sindaco di ieri detta l'agenda delle priorità: «Prima risolvere i problemi del porto con un'agenzia regionale che ci colleghi ad Ancona, poi migliorare i trasporti pubblici e, infine, donare alla città un nuovo simbolo». D'Alfonso ha le idee chiare: un pontile di 200 metri che dalla Nave di Cascella arrivi fino al mare, realizzato da una grande firma.

«Si chiamerà il Ponte del cielo», annuncia, «per realizzarlo chiedo il contributo degli imprenditori e delle realtà bancarie. Mi aspetto che il sistema istituzionale accolga la proposta, anche se è partita da altri».

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