L'ospedale covid di Pescara

PANDEMIA

In jet dalla Svizzera a Pescara, gli salvano la vita a 30 anni 

La storia di un giovane che ha commosso l’imprenditore, la scienziata e il medico. Si prendono cura di lui per farlo curare all’ospedale Covid. Ora sta meglio

PESCARA. Una storia di solidarietà e umanità che parte dalla Svizzera, attraversa la Romania e raggiunge l’Abruzzo. Nell’ospedale Covid di Pescara viene salvata la vita a un ragazzo romeno di 30 anni che il 7 gennaio scorso arriva in gravi condizioni per problemi polmonari, dopo che in Romania le cure non erano più sufficienti per lui e dopo che le porte degli ospedali in Svizzera gli sono state chiuse.

La storia vede protagonisti due eccellenze abruzzesi: la scienziata Antonella Santuccione, di Cepagatti ma residente in Svizzera, eletta donna dell’anno 2019 dalla rivista “Women in business”, e il professor Giustino Parruti, direttore dell’Unità operativa complessa di Malattie infettive dell’ospedale di Pescara. C’è anche un altro protagonista, l'imprenditore olandese Bart Van Helvoirt, che opera nel campo delle calzature e ha stretti legami con l’Italia. Van Helvoirt conosce la scienziata Santuccione e a lei, il 6 gennaio, si rivolge per chiedere aiuto.

«Ho un amico romeno ricoverato nel suo Paese per Covid. È gravissimo, lì non sanno più come fare. Devi aiutarmi». Santuccione diventa la mente della macchina dei soccorsi. «Mi attivo subito per cercare un posto negli ospedali in Svizzera, dove vivo, ma nulla da fare», racconta la scienziata. «Così, penso al mio Abruzzo e chiedo aiuto al professor Parruti». Il 6 gennaio, l’imprenditore olandese organizza il volo con la Rega Swissmed, la guardia aerea svizzera di soccorso. Dalla Svizzera in Romania per prendere l’amico malato di coronavirus che, il giorno dopo, arriva all’aeroporto di Pescara e viene subito trasferito al Covid hospital.
Se Santuccione è la mente, Parruti è il braccio operativo della macchina dei soccorsi. «Il ragazzo romeno è arrivato con un quadro di insufficienza respiratoria non disastroso, ma con un quadro polmonare molto importante», spiega l’infettivologo. «I colleghi romeni si sono impressionati del fatto che avesse una situazione ad alto rischio di evolversi in una forma incontrollabile. Va detto, comunque, che in Romania il paziente è stato gestito bene e gli hanno somministrato i farmaci fondamentali. Noi lo abbiamo curato con la terapia del plasma, perché non aveva sviluppato per niente le difese, e questo ha dato una svolta rapida per il miglioramento. Lo stiamo trattando anche con una metodica di ventilazione non invasiva molto moderna, che si chiama Airvo, una tecnologia tutta italiana che permette di avere una piccola pressione di rinforzo ventilatorio con aria umidificata e ad alto flusso». Dopo due settimane di cure, il quadro clinico del paziente è migliorato. «Ora sta molto meglio», conclude Parruti, «non è ancora fuori pericolo, ma ce la farà».

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