la storia

«Io, missionario in Ruanda al servizio degli ultimi»

Roberto Santavenere racconta la sua vita da volontario nei villaggi africani privi di tutto. «Da 7 anni mi occupo dell’assistenza sanitaria e mio fratello opera in Burundi»

PESCARA. Molti conoscono il Ruanda come “la Svizzera d'Africa” o “il Paese dalle mille colline” per via dei tanti parchi nazionali e per la particolare conformazione del territorio. Per Roberto Santavenere, 40 anni, volontario dell'associazione Sextantio, quel piccolo Stato di circa 10 milioni di abitanti, ritagliato nella parte orientale del continente tra la Repubblica democratica del Congo, l'Uganda, la Tanzania e il Burundi, da sette anni è diventato la sua terra.

«Qui, ho trovato la ragione profonda della mia vita: semplicemente mi sento a casa», racconta con la voce che va e viene, dall’altro capo del telefono, durante una pausa della sua attività principale: portare a termine una campagna per l'assistenza sanitaria gratuita agli indigeni. «Quando vado nei villaggi dove la gente non ha nulla, ma vive in allegria ed è felice», aggiunge, «questo per me vale più di uno stipendio».

[[(Video) Pescara, da sette anni volontario in Africa]]

Il colpo di fulmine con l'Africa è scoccato nel 2008, durante un viaggio in moto in compagnia dell'imprenditore italo-svedese Daniele Kihlgren, che una decina di anni fa ha investito il suo patrimonio nella costruzione dell'albergo diffuso a Santo Stefano di Sessanio, nell'Aquilano, e oggi è il presidente dell'associazione dove lavora Santavenere. Tre anni dopo quel tour, a giugno del 2011, ha sposato Serena, che in Ruanda è a capo di una banca di microcredito. Ma l'affinità spirituale con la popolazione del posto e la voglia di mettersi al servizio degli ultimi è un tratto distintivo che accomuna l'intera famiglia Santavenere. Il fratello minore Paolo, 31 anni, è da diversi anni in Burundi dove ha trovato l'amore e si è impegnato in attività di prevenzione dell'Aids e nella difesa dei detenuti politici, mentre la maggiore Sandra, 43 anni, prima di diventare assessore al Volontariato e alla Tutela del mondo animale al Comune di Pescara si è occupata a lungo di cooperazione internazionale, sempre tra Ruanda e Burundi.

Santavenere, che cosa l’ha spinta a lasciare Pescara per trasferirsi in Ruanda?

«Sono arrivato in Africa centrale durante un giro in moto assieme a Kihlgren. Abbiamo vagabondato tra il Kenya, la Tanzania e l'Uganda e dopo mille avventure siamo approdati in Ruanda nel settembre 2008, dove con l'associazione Sexantio erano stati già attivati dei progetti monetari. Ho amato subito questa terra a tal punto da buttarmi in alcuni progetti e decidere di restare. Tre anni dopo, a giugno 2011, mi sono sposato con Serena durante una cerimonia molto particolare a cui ha partecipato tutta la mia famiglia venuta da Pescara. Oggi abbiamo un bimbo di 3 anni, Ryan. A Pescara torno poco: una vola all'anno oppure ogni due anni: c'è la mia famiglia, ma dopo un po' sento che mi manca l'aria e devo tornare in Africa».

Di che cosa si occupa in Ruanda?

«Sono un volontario dell'associazione Sextantio la cui missione è la garanzia del diritto alla salute della popolazione. Nell'Africa subsahariana, ancora oggi, troppe persone muoiono per malattie curabili a costi irrisori. In Ruanda, l'assistenza sanitaria di base per i più poveri ha un costo annuale pari a circa 4 euro a persona: questa somma consente l'acquisto di una card che copre il 90% delle spese mediche. Ma nonostante i prezzi bassissimi c'è un'ampia fascia della popolazione che non può permetterselo. Noi collaboriamo con le parrocchie per individuare una lista di bisognosi a cui poi vengono girate queste risorse. Il tutto all'insegna della trasparenza e della tracciabilità».

Quante persone avete aiutato finora?

«Siamo passati da 10mila persone nel 2008 con il progetto pilota a 161mila beneficiari nel 2011, pari al 30% degli indigenti. Negli ultimi anni per esaurimento dei fondi il numero è diminuito e abbiamo lanciato il fundraising».

Quali sono le condizioni di vita della popolazione?

«Su 10 milioni di persone il 2,5% è indigente e non supera i 24/30 euro di reddito al mese. L'1,1% è molto povera e quindi non ha entrate. Nei villaggi si vive di pesca e la media dei figli a testa va dai 5 agli 8 anche se è diffusa una sorta di poligamia nascosta quindi è difficile individuare la paternità di molti bambini. Ci sono sacche di povertà estreme come nell'isola di Nkombo dove l'altro giorno mi è capitato di visitare una capanna di 4 metri quadri dove una mamma vive con 4 figli, la gallina e una cucinetta fatta di tre pietre».

Che cosa pensa della situazione politica in Ruanda?

«Abbiamo un governo semi dittatoriale, ma a differenza di altri posti vicini come il Burundi o il Congo il presidente Paul Kagame ha inaugurato una politica di sviluppo del Paese. Dal genocidio del 1994 ad oggi ci sono stati cambiamenti pazzeschi: abbiamo un livello di sicurezza superiore all'Italia e la corruzione è pari a zero anche se resta uno degli Stati più poveri al mondo per via delle disuguaglianze economiche. Nella capitale e nelle altre città si vive bene, sono pulite, non a caso il Ruanda è chiamato la Svizzera d'Africa. Il problema è nelle bidonville dove si concentrano gli indigenti».

In futuro dove si vede?

«Sicuramente in Ruanda: aiutare chi ha bisogno ti dà un'energia e una voglia di vivere incredibile. Queste persone hanno meno di zero, ma riescono a trasmettermi qualcosa che è difficile da esprimere e che non ho trovato da nessun'altra parte».

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