JAZZ

2 Maggio 2013

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Non suonava da una settimana.

La casa piena di polvere.

Non rifaceva il letto.

Alfredo non rispondeva più al telefono.

Il concerto di lunedì andato a puttane.

Riccardo suonava il campanello da tre minuti.

Alfredo aprì in mutande.

"Si può sapere che cazzo ti è preso?"

Non riusciva a stare fermo. Toccava i libri impilati sul tavolo impolverato. Leggeva i titoli delle copertine dei vinili lasciati vicino al giradischi. Cominciò a parlare solo dopo un po'. Alle due di notte non era certo un gran bel discorso.

"Abbiamo fatto una figura di merda. Abbiamo suonato in due. Piano e batteria. Uno schifo. E lui dorme!"

"Avevo sonno-ringhiò Alfredo-ne riparliamo domani"

Riccardo lo guardò dall'alto dei suoi due metri. Mise le mani in tasca. Avrebbe potuto strangolarlo, ma non lo fece.

Aveva troppo bisogno del suo contrabbassista.

Erano passati altri giorni senza sentirlo.

Non toccava il contrabbasso da tanto.

I calli sulle dita si stavano ammorbidendo.

Le sue idee indurendo.

Chiamò Manu.

Rispose come se nulla fosse successo.

" Come va? Lì piove?"

" Dove sei? "

" In Danimarca. Torno domani."

" Che cazzo ci fai in Danimarca?"

" Te l'ho detto un sacco di volte! Ma tu non mi ascolti mai! Ha sonno il grande musicista! Senti non mi rompere più ok?"

Silenzio.

"Ok?"

"Fottiti, tu e la Danimarca."

Restò col telefono appiccicato all'orecchio.

Attaccò.

Che cazzo ci fa in Danimarca? Non se lo ricordava ma ne avevano parlato prima dell'incidente.

Era tardi, buio, bagnato. Manu parlava, parlava, parlava" Mi ascolti?"

"Ma si che ti sento!"

Giuro, non l'aveva vista.

Dritto contro la macchina davanti.

Manu aveva sbattuto la testa contro il vetro.

Era scesa senza dire niente e se ne era andata a piedi.

La macchina distrutta.

Tre ore a compilare moduli, con il tipo che chiamava l'avvocato sotto la pioggia.

Poi non l'aveva più sentita.

Alfredo prese una birra.

Aprì la custodia del contrabbasso , pizzicò una corda.

Accese il giradischi e ascoltò Ron Carter.

Il sole lo svegliò ancora sul divano. Chiamò Riccardo.

"Ho sentito la stronza."

Riccardo dormiva.

" Ho vomitato stanotte, che vuoi?"

" L'ho sentita."

" E allora?"

" Voglio suonare."

" Vediamo che si trova, hai combinato un bel casino."

Alfredo mise sul piatto Bill Evans e ci suonò dietro per tutta la mattina. Che poi era quasi pomeriggio vista l'ora in cui si svegliava.

Tirò fino a sera.

Le mani gli facevano male.

Trillò il campanello.

Alfredo non voleva aprire, il campanello suonava ancora.

La voce di Riccardo che urlava filtrava da dietro la porta mentre batteva con le grandi palme aperte.

Entrò furioso.

"Stasera si suona. Al Vicolo dei Santi."

Uscì sbattendo la porta.

Alfredo sorrise dentro di se, tolse il vinile di Bill Evans, ne mise un altro, quello raro del '63, stampato in Giappone, alzò il volume per ascoltare come Cristo comanda il jazz elettrico di quel matto di Gill Evans e si infilò sotto la doccia.

La stronza aveva ancora le chiavi.

Era seduta sul divano con un bicchiere di prosecco quando uscì dal bagno.

"Ciao" gli sorrise Manu.

"Esci da casa mia"

"Ehi che cazzo ti prende?"

"Esci e ridammi le chiavi"

Lei ruppe il bicchiere.

Migliaia di bollicine e schiuma scolarono sul tappeto impolverato.

Lanciò le chiavi in terra e sbattè la porta.

Quel matto di Gill Evans faceva suonare il trombone e gli altri fiati in modo incredibile.

Tolse il vinile e mise su il CD di jazz norvegese.

Quando uscì per andare finalmente a suonare aveva in mente l'attacco di quel Norvegese che piaceva solo a lui e che faceva:

Ta-ta-ta…duuu…de du da de….bam, chhh…du de da dooo….bam bam…..

Salì in macchina.

Come faceva dopo?

Bam, bam, bam,du de du……sdengggggg.

Suonò tutta la notte.