L’abruzzese charmant amato in Germania «Esportiamo fantasia»

AVEZZANO. «Ich habe gar kein auto» si traduce in «Io non ho la macchina». Da una semplice frase può nascere una fortuna e si può scrivere il destino di un attore emergente che diventa emigrante suo...

AVEZZANO. «Ich habe gar kein auto» si traduce in «Io non ho la macchina». Da una semplice frase può nascere una fortuna e si può scrivere il destino di un attore emergente che diventa emigrante suo malgrado.

Nasce così il rapporto di lavoro tra l’avezzanese Bruno Maccallini, 53 anni, e la Germania. Il nuovo Eldorado parla tedesco, ha le sembianze del panzer e corre come una locomotiva. Quella locomotiva alla quale gli abruzzesi possono aggrapparsi per costruire un futuro meno drammatico. Oggi la nostra regione vive una fase di difficoltà e molti giovani, ma non solo, tentano di non perdere quel treno che può accompagnare lontano dalla crisi.

Da quello spot originale – Maccallini interpreta il ruolo di un italiano che viene scambiato da una donna tedesca per l’automobilista che le ha appena urtato l’auto; lui le offre un cappuccino con galanteria e poi le rivela di non possedere un’auto, conquistandola – è nato un rapporto tra l’attore abruzzese e la Germania fatto di alti e bassi. Un amore nato lentamente ma che si è consolidato tanto da convincere Maccallini a vivere a Monaco, nel cuore della ricca Baviera.

Oggi la nuova emigrazione sta portando in Germania tanti giovani in cerca di lavoro. Cosa troveranno e che consiglio pensa di dare a chi ha il coraggio di lasciare casa?

«Il consiglio è di portare in Germania quello che i tedeschi amano di noi: la fantasia, il non perdersi d'animo davanti alle situazioni più difficili, quel riuscire a rimettersi in piedi nei momenti complicati. Ci ammirano per questa nostra grande voglia di vivere, questa nostra apparente spensieratezza, un po’ giocherelloni e un po’ caciaroni. A loro mancano queste caratteristiche. Ma attenzione, non bisogna far sì che questa voglia di socializzare diventi l'alibi, il pretesto per impigrirsi. No, in Germania pretendono e si aspettano molto sul piano professionale. Loro sono stakanovisti e vedo che questo loro modo di fare li ripaga, eccome. Nei set tedeschi, per esempio, si può restare al lavoro anche per 12-13 ore. Bisogna essere pronti ad adeguarsi ai loro ritmi, ai loro schemi, alle loro esigenze».

È sufficiente dimostrarsi volenterosi sul lavoro per ottenere soddisfazioni professionali?

«No, chi arriva in Germania deve entrare nella mentalità dei tedeschi, adeguarsi al loro stile di vita. Solo imparando la lingua si può entrare in empatia con loro. Spesso noi italiani ci appoggiamo sulle nostre qualità, ma bisogna essere modesti e adeguarsi. Una frase che dico sempre, presa in prestito dal grande Johann Wolfgang von Goethe, recita così: "I tedeschi amano gli italiani ma non li stimano, gli italiani stimano i tedeschi ma non li amano". È quello che direi a quell'imbecille di Berlusconi, perché se vogliamo conquistare la loro stima non ci vogliono Mario Monti o Mario Draghi, ma basta entrare in sintonia con loro. La locomotiva ha i colori nero, rosso e oro della loro bandiera e prima di dire la nostra bisogna starli a sentire».

Piero Mazzocchetti è stato scoperto in un piano bar da giocatori e dirigenti del Bayern Monaco che lo hanno sponsorizzato favorendone il ritorno da protagonista in Italia. Ma perché l'Italia non offre le stesse opportunità della Germania?

«Io soffro molto quando vado nei talk show e mi chiedono di Berlusconi e Beppe Grillo. Cerco di far capire che l'Italia è un'altra, ma avverto sempre in loro questo pregiudizio. Perché venga annullato bisogna accettare i loro consigli che sono spesso giusti». L’incontro sentimentale con Jutta Speidel, attrice tedesca famosa per aver interpretato Sorella Lotte Albers nella fortunata serie “Un ciclone in convento” gli cambia la vita. I due oggi vivono a Monaco, anche se Maccallini non disdegna frequenti ritorni in Italia, a Roma, dove ha casa.

Qual è il rapporto con la Marsica e con l'Abruzzo.

«Per me è fondamentale. Tra l'altro a Monaco, dove vivo, ho scoperto una comunità abruzzese incredibile e spesso quando entro in una trattoria e scopro, per esempio, che il cameriere è della Valle Peligna e lo chef è del Chietino, mi viene la pelle d'oca. L'unico rimpianto che ho è che ogni volta che torno ad Avezzano, vedo che ha fatto un salto di qualità, ma non per la cultura. A parte il teatro non è stato realizzato tanto di più. Eppure, musicisti e attori ce ne sono. Si poteva fare molto meglio. A casa torno volentieri, ma ormai sono gli amici che vengono a trovarmi in Germania. Il legame con la mia terra rimane fondamentale. Lì ci sono mio fratello Carlo, che è avvocato, l’altro fratello Sandro, architetto. E poi il mio papà che ho perso 10 anni fa, la mamma che non c’è più sono legami indissolubili. Così come il ricordo del Liceo Classico “Alessandro Torlonia” che ho frequentato e che ricordo sempre con piacere».

La Germania si innamora di un italiano sui generis capace di far degustare il cappuccino a milioni di persone e poi lo apprezza come autore, scrittore. Come se lo spiega?

«I tedeschi sono i più grandi bevitori di cappuccino al mondo, a tutte le ore, e molto più di noi. La Nestlè cercava un personaggio che avesse caratteristiche precise: non il classico dongiovanni, piacione, pappagallo, provolone. Volevano ribaltare lo stereotipo, attraverso un personaggio charmant, simpatico, nuovo, diverso. Mi piacque molto e ha funzionato. Il successo della campagna pubblicitaria fu quella di offrire l'immagine di un italiano diverso dal tipico cliché. Oggi mi vedono come l'amico della porta accanto, un po' timidino, con la sua carica di simpatia e di fascino, tutto gentilezza e cortesia. Molto oltre la figura del Dongiovanni che ci prova con le turiste sulla costa romagnola».

Per fare fortuna in Germania l’italiano medio deve abbinare fantasia e operatività. Il Paese della Merkel non fa sconti, ma non pone ostacoli. Diciamo che il rispetto delle regole non è un optional, bensì un aspetto imprescindibile. È una fase in cui l’emigrante non ha più la valigia di cartone in mano, ma deve essere pronto indifferentemente a saper usare il tablet o a indossare una parananza nel mondo della ristorazione. Parola di Bruno Maccallini, l’italiano che ha conquistato i tedeschi senza sfoggiare un’auto rombante, ma grazie al fascino virtuoso dell’Italia che va.

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