L'Aquila, Palazzo Centi: altri 4 indagati

Avvisi di garanzia per Berardino Di Vincenzo, ex Mibact, il figlio Giancarlo e gli imprenditori Di Persio e Pellegrini

L’AQUILA. L’inchiesta aperta dopo il blitz dei carabinieri alla Regione, per una serie di appalti di dubbia regolarità, che vede tra i sospettati anche il presidente Luciano D’Alfonso, accusato di corruzione, sembra destinata a fornire colpi di scena a raffica. Un’ulteriore accelerazione c’è stata ieri e riguarda il filone aquilano riguardante l’appalto di 13 milioni per la ristrutturazione di palazzo Centi, sede della giunta regionale fino al sisma del 6 aprile 2009.

Per Palazzo Centi, (vicenda che non riguarda D’Alfonso) sono stati notificati altri quattro avvisi di garanzia a carico di persone molto note nel capoluogo di regione. Sono stati consegnati all'ex dirigente del ministero dei Beni Culturali Berardino Di Vincenzo, ora in pensione, ex sindaco di Caporciano, al figlio Giancarlo, tecnico progettista, e agli imprenditori Giancarlo Di Persio e Mauro Pellegrini, titolari della impresa Dipe, già finiti nei guai in due precedenti inchieste, una in particolare su presunte mazzette nella ricostruzione privata. L'accusa è di induzione indebita a dare o promettere utilità, la cosiddetta «concussione depotenziata» reato di nuova introduzione nel codice.

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Secondo le prospettazioni della Procura dell’Aquila, Berardino Di Vincenzo avrebbe indotto i due imprenditori a stipulare una consulenza con il figlio Giancarlo, incaricato di redigere il progetto con il quale la Dipe ha partecipato al bando di gara del valore di 13 milioni di euro per palazzo Centi, poi aggiudicato alla ditta General Costruzioni di Venafro (Isernia) con un ribasso del 35%. In cambio, sempre secondo la Procura dell'Aquila, Di Vincenzo avrebbe assicurato un interessamento per la gara alla luce dei suoi buoni rapporti con il presidente. Interessamento che, semmai ci sia stato, non è andato a buon fine.

INTERCETTAZIONI. Questa indagine nasce da una serie di intercettazioni di altri procedimenti. Intercettazioni nelle quali si parla di pressioni al fine di intervenire sul mega appalto vinto lecitamente dalla ditta molisana cercando di condizionare o addirittura cambiare la commissione aggiudicatrice.

IL DECRETO. «Pressioni su ditte concorrenti manifestando forti entrature nell'ente Regione per condizionare la composizione della commissione tecnica, con conseguente raccomandazione verso commissari ritenuti compiacenti». Lo si legge nel dispositivo di perquisizione esibito agli indagati. Ma c’è dell’altro. «I carabinieri del Noe», si legge sempre nel decreto, «hanno dimostrato che effettivamente sono state esercitate ripetute e indebite pressioni per la formazione di una commissione tecnica - diversa da quella che poi è risultata effettivamente nominata - e che, comunque, i componenti della commissione sono stati successivamente avvicinati per la valutazione delle offerte tecniche depositate dalle ditte». Dalle intercettazioni emergerebbe che «la Iciet Enginereeng di Castelli (Teramo) doveva essere avvantaggiata, vista anche la conoscenza da parte del titolare Eugenio Rosa dei risultati della Commissione tecnica prima che gli atti diventassero pubblici, e che dalle medesime attività tecniche si è appreso che lo studio tecnico incaricato dalla Iciet aveva avuto la disponibilità delle progettazione preliminare mesi prima della pubblicazione del bando». Si ipotizza che i verbali redatti dalla Commissione tecnica siano viziati da false attestazioni.

PERIZIA. Ieri è stata affidata a un tecnico una perizia (da finire in 15 giorni) su computer e materiale informatico sequestrato. Presenti gli avvocati Antonio Milo, Antonio Valentini, Massimo Costantini, Vincenzo Salvi, Roberto Madama. Sono, perlopiù, i difensori degli altri indagati di questo filone: Giancarlo Misantoni, Roberto Guetti, Silverio Salvi, Eugenio Rosa, Alessandro Pompa, Claudio Ruffini, Gianluca Marcantonio.

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