L’evasione era stata pianificata

Ricerche in tutto l’Abruzzo per trovare il marocchino fuggito dal carcere.

PESCARA. E’ difficile che si sia nascosto a Pescara, ma potrebbe anche non essere così lontano. La polizia sta provando a stringere il cerchio sul marocchino evaso due mattine fa dal San Donato con un colpo a sorpresa, approfittando dell’assenza di una sorveglianza e soprattutto dell’incondizionata fiducia guadagnata con lunghi mesi di buona condotta. Proprio facendo leva sul provvedimento che gli consentiva di uscire dal carcere alle 8 del mattino e di rientrare alle 20, Charif Azidin ha dato vita a una fuga premeditata da chissà quanto tempo.

IL PIANO DI FUGA. Non è un caso che appena un’ora e mezza prima il 29enne extracomunitario - che stava scontando una condanna per detenzione di droga - abbia ricevuto la visita di due persone, che si sono intrattenute a parlare con lui nella sala colloqui per un quarto d’ora senza neppure sfruttare appieno l’ora consentita dal regolamento penitenziario. Probabilmente, è l’ipotesi degli investigatori, un faccia a faccia per pianificare gli ultimi dettagli di una fuga già preparata. Sabato mattina, Azidin era stato incaricato di pulire l’area tra la cinta muraria del San Donato e un’altra recinzione esterna, la cosiddetta intercinta.

LE RICERCHE. Il salto verso la libertà non superava il metro e mezzo di altezza. Un gioco da ragazzi per il giovane marocchino scavalcare il muretto e allontanarsi senza dare nell’occhio, quasi certamente a bordo di una macchina che lo stava attendendo all’esterno. Erano le 10,30. Ad agevolare la fuga, anche il fatto che l’allarme sia scattato dopo diverse ore. Solo alle 13, infatti, il personale in servizio si è reso conto che il marocchino non stava più lavorando nei pressi del carcere. Lo stavano aspettando per portare dei pacchi, ma l’extracomunitario aveva già fatto perdere le proprie tracce. È stata avvertita la squadra mobile, diretta da Nicola Zupo, che si è messa subito a caccia dell’evaso, allargando l’area di ricerca al di fuori di Pescara. La polizia ha battuto alcuni luoghi dell’Abruzzo dove Azidin poteva essersi rifugiato. Le prime ricerche non hanno avuto esito, ma gli investigatori sono certi di riuscire a rintracciare il 29enne.

LA PENA. Azidin stava scontando una pena che gli era stata comminata dai giudici di Milano per detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti, dopo essere stato sorpreso dalla Finanza nel dicembre 2006 con mezzo chilo di cocaina. Arrestato, condannato e rinchiuso nel carcere milanese, era stato poi trasferito per sfollamento a Pescara, dove doveva rimanere fino a fine pena, nel marzo del 2011. Al San Donato, si era fatto notare per il suo comportamento impeccabile. Un detenuto modello, al punto che lo staff composto da un educatore, una psicologa e un criminologo, dopo sei mesi di incontri, aveva dato parere favorevole a un allentamento della sorveglianza. Così, grazie alla sua buona condotta, il detenuto marocchino aveva ottenuto il permesso di uscire dall’area blindata del carcere, autorizzato al lavoro esterno senza scorta dal direttore della casa circondariale Franco Pettinelli dopo il via libera del magistrato di sorveglianza. Nessuno nutriva dubbi su Azidin.

LE MOTIVAZIONI. Invece l’altra mattina, la fuga, improvvisa, spiegabile secondo gli investigatori con il timore del marocchino di venire espulso dal territorio italiano una volta in libertà o che qualche procedimento pendente potesse giungere a sentenza, allungando il periodo di detenzione. Oppure, più semplicemente, Azidin ha voluto cogliere l’occasione propizia. Ma molto è legato all’esito del colloquio di sabato e di quelli che il giovane potrebbe avere avuto nelle scorse settimane.