L’omicida doveva uscire dal carcere nel 2015

Dal certificato penale di D’Agostino spunta una condanna del 2001 a 14 anni

 PESCARA. Avrebbe dovuto lasciare il carcere nel 2015. Questo in forza di una sentenza di condanna, l’ultima di una lunga serie, a 14 anni di reclusione, inflitta nel 2001. Eppure, a gennaio scorso, sette anni prima della scadenza della pena, Michelangelo D’Agostino ha potuto lasciare il carcere.

Era il 20 gennaio. La sua pena, tra benefici e cumuli, era stata espiata completamente. Il detenuto, insomma, non era più tale ma era diventato un «internato». Cioè, un soggetto pericoloso che doveva aspettare ancora prima di poter tornare tra la gente. Lo aveva deciso il tribunale di sorveglianza di Pescara, quando gli aveva assegnato un anno di «casa di lavoro», fino al 21 gennaio 2009.

Si tratta, ci tengono a precisare dall’ufficio pescarese, della più afflittiva tra le misure di sicurezza che vengono assegnate dopo la detenzione. Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, poi, l’aveva destinato al carcere di Castelfranco Emilia (Modena), da dove non si sarebbe dovuto allontanare prima della scadenza del termine della misura. Eppure, una volta lì, grazie alle relazioni favorevoli dei servizi sociali, si è aperta, per il camorrista cutoliano, la strada per una «licenza di esperimento» dall’11 marzo al 24 luglio.

Libero, per lavoro, di tornare tra la gente. Una misura, della durata massima di sei mesi, assegnata, stavolta, dal giudice Angelo Martinelli dell’ufficio di sorveglianza di Modena. E così, Michelangelo il casertano, con in tasca un contratto di lavoro a tempo determinato e la «benedizione» della Caritas, si è ripresentato a Pescara, dove poteva godere di appoggi, e si è messo a frequentare il parco di Villa de Riseis dove, la scorsa domenica, ha ucciso con due colpi di pistola il balneatore Mario Pagliari.

Oggi a mezzogiorno D’Agostino sarà interrogato nel carcere di San Donato dal gip Guido Campli e dal pm Filippo Guerra. L’avvocato che gli è stato assegnato d’ufficio, Alessandro Scannella di Montesilvano, fino a ieri non aveva ancora avuto modo di parlare con quel suo assistito dal passato pesante. E dal futuro inesorabilmente segnato.