L'omicidio Ceci a Pescara, l'imprenditore sotto accusa: "Non ho ucciso, ora ho paura"

Parla l’imprenditore edile sospettato di avere sparato al commerciante: "Temo per la mia vita, voglio essere protetto"
PESCARA. Da killer, presunto, a bersaglio di possibili rivalse. Michele Rossoni, il 54enne pescarese indagato per l’omicidio del commerciante di vernici Italo Ceci, pentito della banda Battestini ucciso con tre colpi di pistola calibro 38 la sera del 20 gennaio 2012, si strappa di dosso l’etichetta di sicario e contrattacca: «Ho paura per la mia vita, adesso voglio essere protetto».
La settimana scorsa, ha subìto una perquisizione a casa. Ora, nello studio del suo legale, Luca Sarodi, parla dell’inchiesta che lo ha coinvolto con un’ipotesi d’accusa da ergastolo. E ripete: «Io non conosco nessuno».
Domani, il pm Silvia Santoro affiderà l’incarico per rintracciare il Dna sulle tracce lasciate dal killer nell’auto usata per l’agguato. Intorno al successivo confronto con il Dna dei tre indagati – roba di un mese – ruota il destino processuale di Rossoni e degli altri due indagati: Massimo Ballone e Mario D’Emidio.
Rossoni, lei è indagato per concorso in omicidio.
«Io non so nulla, a parte l’avviso di questi accertamenti tecnici. L’ho presa male, ma anche la mia famiglia. Mio figlio mi ha detto: “Papà, ma che hai combinato?”. Gli ho risposto: “Macché, scherzi? Mi meraviglio...”. Io non sarei mai all’altezza di fare una cosa del genere. Da ragazzo ho avuto qualche problema di alcol, ho fatto qualche sciocchezza, andavo litigando. Ho fatto degli sbagli, ma nient’altro. Mia moglie da domenica scorsa non fa che piangere. Io non so niente, non ho fatto niente. E ora ho pure perso il lavoro».
Lei è un imprenditore edile?
«Sì e ho dei contratti aperti, sto per chiudere per effettuare alcuni lavori a Francavilla per un milione e 800 mila euro. Ho tutte le carte, i preventivi. Devo solo firmare, ma mi dovevano chiamare e invece non si è fatto sentire nessuno. L’appuntamento è per domani, ma so già che salterà tutto. Io ho sempre lavorato e ora come imprenditore mi hanno rovinato. Non abbiamo più da mangiare».
Non ha altre attività?
«Avevo un ristorante a Montesilvano, il No-stop, in via D’Annunzio, dietro il Comune, con un socio, ma abbiamo chiuso. Mio figlio ha un’impresa edile e un bar».
Perché vuole essere protetto?
«Ho paura ad andare in giro, perché io in mezzo a queste cose non sono mai stato. Sono spaventato. Mia moglie potrebbe sentirsi male: già soffre per un incidente stradale, si è rotta le gambe. E ora piange, piange».
Lei conosceva Italo Ceci?
«Non l’ho mai visto né conosciuto, ho scoperto sul giornale che lo avevano ucciso, ma io non so niente di lui».
E Ballone, il presunto mandante del delitto, anche lui ex della banda Battestini?
«Conoscevo Massimo Ballone quando eravamo ragazzi, ma non ho mai avuto a che fare con lui. Ci si incontrava a Rancitelli, a San Donato: giocavamo insieme a pallone, ma da adulto non ci siamo mai frequentati».
Mai nessuna telefonata, nessun contatto tra voi? Lui non le ha mai parlato di Ceci?
«Assolutamente no, nessuna chiamata, nessuna foto, nessuna intercettazione. Io non so se Ceci fosse un pentito, non parlo con Ballone da 30 anni. L’avrò visto di sfuggita in giro, ho un parente che ha un bar a San Donato vicino al suo negozio, fa la spesa da lui».
E con il terzo indagato, Mario D’Emidio, giardiniere di Spoltore, ha mai intrattenuto rapporti?
«L’ho visto una volta o due, perché mio figlio ha un’impresa edile e lo ha chiamato per fare un lavoro come giardiniere. Non ricordo neppure quando, un anno fa forse...».
Perché sarebbe finito dentro questa storia?
«Da come mi hanno detto, in base alla somiglianza con l’identikit diffuso dalla polizia dopo il delitto: il cappello, la sciarpa, non so... Io so solo che ora ho paura: dovevo accompagnare mia moglie, ma ho paura ad andare in giro, se qualcuno si avvicina. Mi riservo di chiedere tutti i danni possibili per quello che mi stanno causando. Ho 6 figli, 15 nipoti: sono nonno 15 volte. Ora, mia moglie e i miei figli piangono».
Chiederà di essere interrogato per chiarire la sua posizione?
«Ma che cosa devo chiarire?»
E’ in grado di dire dove si trovava alle 19 del 20 gennaio 2012?
«Quel giorno stavo festeggiando l’anniversario di matrimonio con mia moglie: ci siamo sposati il 20 gennaio 1980. Stavamo a casa... Le ripeto: io non conosco nessuno. Faccio il muratore, cerco di mettere insieme 100 euro per andare avanti, ma l’edilizia sta a terra. Non ho conti corrente. Avevo questo affare a Francavilla, ma penso che lo abbiamo perso...».
©RIPRODUZIONE RISERVATA