La fiaba di Piero Mazzocchetti

Il cantante di Montesilvano canterà: «Schiavo d'amore»

«Quando Baudo ha preso la busta gialla, domenica intorno alle 19 in diretta tv a “Domenica in” ho seguito i suoi movimenti con maggiore trepidazione della finale dei Mondiali di calcio, che ho visto allo stadio, a Berlino». «Quando ha cominciato a dire: “I sogni diventano realtà, è partito da Pescara con una valigia di cartone per andare in Germania dove ha avuto un grandissimo successo...” a casa è accaduto di tutto, i miei genitori mi abbracciavano, i telefoni squillavano, i piatti cadevano, gli amici arrivavano a congratularsi, qualcuno anche suonando il clacson della macchina, insomma un piacevole inferno, un tifo da stadio».

Piero Mazzocchetti, 28 anni, di Montesilvano, racconta così la gioia della partecipazione al Festival di Sanremo, la seconda volta consecutiva con un abruzzese tra i Big (l'anno scorso c'era il vastese Luca Dirisio), in cui gareggerà con «Schiavo d'amore», una canzone scritta da un autore doc come Maurizio Fabrizio, tra l'altro di origini abruzzesi anche lui (è di Torino di Sangro come il cugino direttore d'orchestra Donato Renzetti). «Ero a casa a Montesilvano», spiega Mazzocchetti al telefono da Roma, «con i miei genitori Osvaldo e Liliana (la famiglia si completa con la sorella gemella Silvia, e l'altra sorella Monia, 34 anni, ndr). Naturalmente mi ha chiamato subito anche il mio manager, Adriano Aragozzini, un veterano del Festival di Sanremo. Io vivo da ormai sette anni in Germania, vicino a Francoforte, ed è la prima volta che posso sperare in un successo anche italiano».

Perché Baudo ha fatto quella presentazione?
«Perché è vero. Ho lasciato Pescara nel dicembre 1998 con un Fiorino scassato per andare a fare una serata a Monaco di Baviera, nel ristorante Eboli di un molisano. La serata era quella del 31 dicembre 1998. In quel locale, dove poi mi sono esibito tante altre volte, erano di casa i giocatori del Bayern di quel periodo o del passato, da Rumenigge a Mario Basler, e soprattutto il loro manager Wittmann che è poi diventato anche il mio manager. Proprio Wittmann, grandissimo appassionato di canzoni italiane, mi ha aiutato a entrare nell'ambiente. Ho partecipato a 40 trasmissioni televisive di successo (in reti nazionali da Rtl a Ztf) esibendomi al fianco di José Carreras, Al Bano, Andrea Bocelli, Eros Ramazzotti, Luciano Pavarotti, Phil Collins. Non a caso il mio sito Internet è in tedesco. Tutta la mia carriera si è svolta quasi esclusivamente in Germania».

Qual è stato il primo brano di successo?
«L'eternità ed è di fine 1999. Con quella canzone (che dà il nome anche al disco), scritta da Marco Marrone, un bravissimo compositore e arrangiatore pescarese (si veda pezzo in basso, ndr), sono arrivato alla top ten delle classifiche. Poi ci sono stati altri successi. Da “Parole nuove” ad “Amore mio”. In cinque anni ho fatto tre dischi. Se ho provato a cantare anche in tedesco? Sì ci ho provato ma i risultati non sono stati proprio entusiasmanti. D'altronde anche Schumacher ci ha messo dieci anni a parlare italiano. La verità è che se la canzone è bella il pubblico si fa trascinare dalla melodia. In Germania, poi, adorano la nostra musica, le nostre canzoni».

E le sue sono amatissime.
«Per spiegarmi meglio posso dire che José Carreras, il grande tenore spagnolo, tiene uno show televisivo seguitissimo per la ricerca delle cure contro la leucemia. Mi ha chiamato a partecipare al suo show quattro volte, l'ultima il 14 dicembre scorso. L'ultimo tour tedesco è partito il 28 novembre e si è concluso il 23 dicembre, venti concerti nei teatri di Berlino, Monaco, Amburgo, Francoforte, Düsseldorf. Marco Marrone è un po' la mia ombra, è spesso con me, ma mi esibisco con orc hestre sinfoniche o semplicemente al pianoforte o con quartetti d'archi. Io mi definisco un cantante tra il pop e il classico».

Come mai non è riuscito finora a entrare nel mercato domestico?
«Un po' per i miei impegni tedeschi ma anche perché la Germania non interagisce discograficamente con l'Italia, sono mercati molto diversi».

Invece in Abruzzo è conosciuto.
«Sì perché non ho mai interrotto i contatti. Ho fatto molti concerti di beneficenza e poi mi esibisco spesso a Pescara, Montesilvano, Chieti. L'ultimo grande appuntamento è stato questa estate al Caffè concerto dell'università D'Annunzio, a Chieti. Dall'anno scorso ho cominciato a capire che forse la mia maturità artistica mi permetteva di rientrare in Italia».

A Sanremo presenta «Schiavo d'amore». Cosa può dire della canzone?
«Poco perché, come sa, le canzoni devono restare segrete fino alla prima esibizione al Festival. Il brano è di Maurizio Fabrizio, un altro abruzzese doc, ed è una romanza stupenda su un testo di di Guido Morra. E' una canzone classico-leggera nella quale riesco a mettere in evidenza le mie qualità tecniche, artistiche e interpretative».

Che sensazioni ha, come vive questo momento?
«(sospira) Non ci credo ancora, sto cercando di metabolizzare la notizia ma credo che vivrò questo appuntamento in maniera serena. C'è un gruppo di persone che mi aiuta e che fanno di questo lavoro una passione. Siamo innamorati della musica e del bel canto. Con “Schiavo d'amore” vorrei riportare di moda la bella romanza, la canzone melodica tipicamente italiana».

Lei ha un forte legame con la sua famiglia e con l'Abruzzo.
«Sì e sono orgogliosissimo di mio padre Osvaldo, camionista, e di mia madre Liliana che ora sta a casa ma ha fatto l'operaia. Non ha idea dei sacrifici che hanno fatto per farmi studiare. Ai miei genitori devo tutto e li ringrazio infinitamente. Nessuno può capire la sofferenza di un ragazzo di 19 anni che prende una macchina e va fino in Germania a suonare in un ristorante per la fine dell'anno. Spero che il mio esempio possa servire anche di stimolo a quei giovani che alle prime difficoltà vogliono lasciare la musica o lo sport. Il mio rapporto con l'Abruzzo è straordinario: amo questa terra e credo di essere ricambiato dagli abruzzesi. Torno appena posso e adoro andare in campagna, mi piace il folklore, non amo la mondanità. Quando torno mi vedo con gli amici e mi accontento di una partita a carte o di una scorpacciata di salsicce».