La spesa per il ponte nuovo sale a 13 milioni

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso del Comune ma l'ente deve rifare tutto l'appalto

PESCARA. Il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del Tar, dello scorso luglio, che aveva annullato le procedure di esproprio dell'area sul lungofiume, degli imprenditori Liberatoscioli, dove sorgerà in futuro il Ponte nuovo. Ma il pronunciamento dei giudici non cambia granché le cose. I lavori per costruire l'opera non possono ancora partire, perché l'amministrazione comunale ha pensato bene, dopo la sentenza del Tar, di fare ricorso al Consiglio di Stato e, nello stesso tempo, di azzerare tutto l'appalto.

«Lo abbiamo azzerato», ha spiegato l'assessore all'urbanistica Marcello Antonelli, «perché il vecchio progetto non era in linea con le prescrizioni fatte dal Genio civile Autorità di bacino». Ma questa decisione costringe il Comune a ripartire dal progetto preliminare, riaggiornando i costi ai nuovi prezziari, nel frattempo aumentati. La spesa salirà, così, dai 9 milioni di euro, previsti inizialmente, a ben 13,1, cioè 4,1 milioni in più. La vicenda appare come un pasticcio, destinato a ripercuotersi non solo sui tempi per la realizzazione dei lavori, il cui avvio era in programma l'anno scorso, ma anche sui costi, cresciuti ora del 45 per cento.

L'amministrazione comunale, comunque, considera la decisione del Consiglio di Stato un passo in avanti, anche se adesso è atteso il pronunciamento nel merito. «I giudici hanno riconosciuto che le procedure di esproprio adottate dal Comune erano giuste», ha fatto notare Antonelli. Il Comune, difeso d'avvocato Tommaso Marchese, docente dell'università Lum di Bari, si è rivolto al Consiglio di Stato per far annullare, previa sospensione dell'esecutività, la sentenza del Tar, che aveva accolto in parte il ricorso presentato dalla società Generalmarmi, di Fiorello e Paolo Liberatoscioli, per contestare l'esproprio di un terreno di proprietà da parte dell'ente. Il tribunale amministrativo aveva disposto l'annullamento delle delibere del consiglio comunale, nella sola parte in cui era stata dichiarata la pubblica utilità dell'opera e della giunta, nonché l'apposito decreto, adottato dal dirigente del settore lavori pubblici del Comune. «Tale sentenza», è scritto nel ricorso al Consiglio di Stato, «si appalesa erronea, ingiusta e infondata e va dunque rimossa, previa sospensione dell'esecutività».

Il Consiglio di Stato ha rimesso tutto in discussione. «Si è ritenuto», si legge nell'ordinanza depositata ieri, «che, nella presente fase cautelare del giudizio, risulta prevalente la considerazione per il pregiudizio dedotto dall'appellante Comune, in ordine alla rilevanza delle opere progettate per la viabilità cittadina e alla necessità di conservazione dei finanziamenti al riguardo necessari». «Si accoglie», conclude, «l'istanza cautelare e, per l'effetto, si sospende l'esecutività della sentenza impugnata».

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