LA VERA STORIA DI JOHN FANTE A TORRICELLA

12 Agosto 2013

Questo racconto è tra i 15 in gara per il premio John Fante 2013. Oltre al titolo assegnato dalla giuria di qualità, sarà assegnato anche un premio dei lettori. Se vuoi far vincere questo scritto condividilo su Facebook, Twitter o Google+

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Era tutto pronto. Le luminarie, la banda, le bancarelle. La notizia dell'arrivo dagli Usa, del famoso scrittore, originario di Torricella Peligna, aveva fatto il giro dei paesi vicini e tutti si stavano preparando per rendergli onore, perché si diceva che Fante, sarebbe passato per ogni contrada, alla ricerca dei luoghi di origine della sua famiglia. Solo nonno Nicola aveva i suoi dubbi: perché uno che era scappato con tanta fretta da questi posti, avrebbe dovuto avere l'ansia di ritornarci? Nonno sì che li aveva visti gli emigranti, partire verso Napoli alla volta delle navi per l'America. Così, quella sera, mentre era in piazza insieme agli altri compaesani, provò a dire la sua, con il solito filo di voce tagliente e definitiva. Mentre discutevano, si era avvicinato anche il Sindaco. Tra nonno ed il Sindaco c'era sempre stata rivalità, specialmente nelle serate passate all'osteria, durante le sfide a tressette. Così, quando la discussione si fece più accesa, il Sindaco, sicuro di sé, volle alzare la posta: "Scommettiamo l'asinello che mi è nato ieri. Se vinci tu, l'asino è tuo, se vinco io, vengo a bere nella tua osteria, gratis per un anno". Nonno Nicola annu“ sorridendo. Si strinsero la mano. La notizia della scommessa fece subito il giro del paese. Arrivò anche alle orecchie di Nonn'Anna: "Tu, ti si'rincujunite!" lo apostrofò la moglie. Venne il giorno fatidico. I comuni vicino Torricella: Fallascoso, Villa Santa Maria, Borrello, Roccascalegna e Pennadomo, erano addobbati a festa. Nessuno aveva letto una sola riga di Fante, ma tutti erano pronti a giurare che ci fossero lontani vincoli di parentela con lo scrittore italo americano. Anche Nonn'Anna era convinta, per il fatto che da nubile si rimettesse Fantini, di avere qualche legame di sangue. Fante, Fantini... chissà quanti errori di trascrizione nelle disgraziate anagrafi di quei piccoli comuni. A mezzogiorno di quella soleggiata domenica, le piazzette dei paesi erano piene. Le casse armoniche rimandavano tra le colline, i gemiti di strumenti a fiato suonati per forza, bambini dai capelli schiacciati sulla fronte con lo sputo, in braccio a padri con la coppola, si ammucchiavano ai bordi della strada principale. Ogni auto che passava era la scusa per urlare: "Eccolo, eccolo!". Ma ogni volta non era quella buona. Solo Nonno Nicola si era avviato verso la strada per la stazione di Bomba, quella sotto al lago. Nonno sapeva che Fante sarebbe passato di là. Tutti gli emigranti erano curiosi di vedere la diga ed il lago, quel lago finto che a Nonno aveva strappato l'oliveto. Non aspettò molto. Dalla curva una millecento nera, avanzò lentamente verso di lui. Nicola si alzò sollevando la mano come si fa quando si chiama un taxi. La macchina si fermò. Nonno si levò la coppola. Dall'auto uscì lentamente un uomo. Non era vestito come un italiano, ma aveva i lineamenti di un italiano. Osservò il lago con attenzione e salutò Nicola con un cenno del capo. Nonnò cacciò dalla sacca, una bottiglia di vino e due bicchieri. Versò il vino e lo offrì all'uomo che lo prese e lo bevve con una leggera smorfia di apprezzamento. I due iniziarono a parlare. Nessuno seppe mai cosa si dissero Nonno Nicola e John Fante, ma una cosa è certa, Fante salutò nonno, risalì in macchina e proseguì verso i paesi in festa, senza fermarsi mai, neppure a Torricella. La mattina dopo, quando nonno aprì la porta dell'osteria, trovò attaccato, all'anello sul muro, un ciuchino piccolo. La scommessa era vinta. "Come lo chiamerai?" gli chiese nonn'Anna. "Lo chiamerò Bandini" rispose Nicola. E solo lui sapeva perché.

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