Funerali di Riccardo, la famiglia alla folla in chiesa: «Ricordiamolo con la sua tenerezza e sensibilità»

foto di Giampiero Lattanzio 

8 Giugno 2025

Grande commozione per l’ultimo saluto al 29enne morto dopo la lite a botte. Monsignor Santuccione: «Era spesso qui, 10 giorni fa ha voluto la benedizione»

PESCARA. Riccardo e le sue fragilità, la sua insofferenza, la sua dolcezza. E quella fine così brutta, martedì scorso, piena di urla, di botte, di strattoni e scosse elettriche in quella strada di periferia dove per l’ultima volta, agitatissimo e fuori di sé, era arrivato con i suoi piedi. Prima della lite con i tre uomini ora indagati per omicidio, e prima di essere immobilizzato con il taser dalla polizia che l’ha ammanettato e caricato in macchina fino alla Questura dove si è sentito male. Morendo di lì a poco in ospedale. Ieri pomeriggio la cattedrale di San Cetteo era piena per Riccardo Zappone, figlio del noto maestro di musica Andrea e di Tiziana, architetto. Riccardo, che aveva 29 anni e una patologia psicotica che gli ha reso la vita un’altalena infernale. Lo racconta durante l’omelia monsignor Francesco Santuccione.

In piedi davanti alla bara in legno chiaro con impresso il disegno dell’albero della vita, e ricoperta di rose e gigli bianchi, il sacerdote ricorda: «Riccardo girava di continuo qui. Un giovane bellissimo, generoso, con i suoi alti e bassi. L’ultima volta che è venuto sarà stato 10 o 12 giorni fa, mi ha chiesto la benedizione, l’ha pretesa. Gli ho imposto le mani sul capo e abbiamo pregato insieme. Non potevo sapere quello che è successo, ma è la dimostrazione che c’è una trama spirituale che non conosciamo e questo ci dev’essere di aiuto». E per rafforzare il suo pensiero, il sacerdote ricorre a un ricordo di bambino: «Io più piccolo di sei figli guardavo mia sorella ricamare e le dissi, “ma che so’ tutti ’sti fili intrecciati”. E lei mi disse, aspetta, guarda. Rigirò quel lavoro e c’era una rosa bellissima. Ecco», va avanti, «così è la vita, c’è una trama spirituale che non capiamo, che non conosciamo, ma che grazie all’amore di Gesù ci riserva qualcosa di bellissimo come quella rosa. Noi vediamo la parte più difficoltosa, ma l’altra parte, quella bella c’è. Riccardo ha solo finito il primo tempo».

Poi l’invito alla preghiera «per trovare la gioia e la pace, quelle che forse tante volte non siamo riusciti a dare a Riccardo». Al primo banco la sofferenza composta dei genitori e della sorella Laura. Ed è struggente la poesia che il papà legge dopo la benedizione. Una manciata di versi che iniziano e finiscono con la semplicità che solo un bambino ha: “Ogni giorno di prima mattina il sole si affaccia sulla collina”, e poi “di prima mattina mi sento felice sulla mila collina”. Il genitore lo rivela solo alla fine, appoggiandosi a una pausa per trattenere la commozione: «Questa poesia è stata scritta da Riccardo all’età di dieci anni». Al suo fianco l’altra figlia che spiega: «Vogliamo ricordare Riccardo così, con la sua tenerezza, la sua sensibilità e con la sua riconoscenza. Per questo desideriamo ringraziare tutte le persone che ci hanno aiutato e che ci sono state vicine in questo lungo cammino. E un ringraziamento speciale va alle tante persone che hanno voluto bene e a Riccardo e con Riccardo hanno condiviso i momenti più felici della sua breve vita».

In chiesa anche il sindaco Carlo Masci e Giorgio Di Clemente, sindaco di San Giovanni Teatino dove Riccardo viveva. La commozione è tanta, come sono tanti gli abbracci e gli sguardi persi anche fuori dalla chiesa. Ma tra i tanti del mondo perbene di Riccardo, c’è anche il volto di chi con lui ha condiviso la strada. Solo, senza abbracciare nessuno se ne sta lì, accanto al carro funebre, a vegliare la bara con la foto dell’amico sorridente. Parla controvoglia, ma per l’amico lo fa: «Era un bravo ragazzo, si faceva qualche birra, ma non si drogava. L’ho conosciuto qui ai giardinetti di San Cetteo, stavamo a piazza Salotto, a piazza Sacro Cuore. Ma era un tipo solitario. Abbiamo dormito qui ai giardinetti anche martedì. Ma lui se n’è andato presto, non l’ho più visto». Il carro funebre si allontana e lui resta lì a fare su e giù sul marciapiedi mentre con lo sguardo l’accompagna fino a che si può. Ciao Riccardo.

@RIPRODUZIONE RISERVATA