Le manager del vino «Proseguiamo l’opera di otto generazioni»

4 Maggio 2014

di Giorgio D’Orazio Due secoli di storia vitivinicola e due sorrisi che rappresentano la nuova generazione della cantina più antica d'Abruzzo, quella della famiglia Pietrantonj di Vittorito (L’Aquila)...

di Giorgio D’Orazio

Due secoli di storia vitivinicola e due sorrisi che rappresentano la nuova generazione della cantina più antica d'Abruzzo, quella della famiglia Pietrantonj di Vittorito (L’Aquila). I sorrisi sono quelli di Roberta e Alice che da una decina d'anni affiancano il padre nella gestione dell'azienda, mentre Serena, la sorella maggiore, vive a Roma dove lavora come architetto. «Le tre ragazze sono molto legate tra loro», anticipa papà Nicola, approccio signorile e una sottile ironia nello sguardo, «ne sa qualcosa la bolletta telefonica». Quella stessa ironia la ritroviamo nella complicità delle sorelle, «Alice è l'ansiosa della famiglia, Roberta la più pragmatica, Serena un incrocio tra noi due anche se è la più grande», commentano alternandosi Roberta e Alice: «dài papà, definiscici tu», ma subito arriva un simpatico «meglio evitare» dall'altra stanza.

Una delle tante stanze del Palazzo Pietrantonj, nel cuore del borgo di Vittorito, una casa avita perfettamente prestata alla secolare preoccupazione di famiglia, il vino. Una tradizione agricola di viticoltura e olivicoltura attestata già nel 1791, che nel 1830 vede la documentata fondazione dell'azienda e nel 1894, con l'avo Alfonso, conosce un nuovo impulso imprenditoriale, grazie, per esempio, alla costruzione a 14 metri sotto il livello stradale delle due famose cisterne da 1402 ettolitri complessivi rivestite di piastrelle in vetro di Murano. Un ammodernamento che è il fondamento degli attuali vini "Italo Pietrantonj", il nonno delle sorelle, figlio a sua volta di quel Nicola che, diplomatosi alla Regia Scuola di Conegliano Veneto nel 1889, fu il primo enologo abruzzese.

«All'inizio non capivamo per quale motivo nostro padre era tanto legato a questo lavoro», raccontano Roberta e Alice «così tanto da togliere spesso tempo alla famiglia, però poi quando siamo entrate in azienda ci siamo rese conto di cosa significa avere un'attività a conduzione famigliare e siamo diventate peggio di lui. Ci siamo rese conto, soprattutto, della responsabilità che abbiamo nei confronti di una storia che parla quotidianamente di vino da otto generazioni».

Se dalla mamma Mirella, una figura fondamentale confessano, le sorelle hanno imparato tutto ciò che riguarda l'accoglienza in cantina per ospiti e clienti, l'insegnamento che più di ogni altro riferiscono al papà Nicola è la capacità di affrontare tutto con molta filosofia. «Fin da quando eravamo piccole» ricorda Alice «papà ci ha insegnato a risolvere i problemi dell'azienda e di tutti quanti noi in famiglia, con la forza e il coraggio che lui continua a trasmetterci ogni giorno».

«È proprio una nostra caratteristica» sottolinea Roberta «quella di volere a tutti i costi uscire dalle situazioni più dure solo con le nostre forze, senza chiedere niente a nessuno». Una nota caratteriale quasi scontata per delle discendenti di Castruccio Castracani degli Antelminelli, verrebbe da dire, Alice infatti porta il nome della nonna, dei Castracani di Cagli (Pesaro) a cui si deve il blasone che è diventato anche il logo aziendale. «Anche perché di problematiche e di sfighe ce ne sono state tante negli ultimi anni», continua con una buona dose di autoironia Roberta «e non parliamo del terremoto».

In realtà le due sorelle non vorrebbero parlarne del sisma aquilano del 2009, ma di fatto è l'argomento che dopo e insieme al vino impegna maggiormente i loro pensieri.

«Quella notte abbiamo perso, diciamo così, le proprietà a L'Aquila e la casa di Vittorito dove abitavamo tutti, ancora oggi in gran parte inagibile, mentre la cantina storica, quella situata sotto al palazzo, che è il nostro fiore all'occhiello per le visite di turisti e clienti, ha retto al sisma ma non vi si può ancora accedere per via dell'inagibilità degli edifici che vi insistono sopra. E poi» prosegue Roberta «volevamo creare una fattoria didattica, ma anche il casale è stato colpito, insomma si era avviato un processo che è stato brutalmente sospeso dal terremoto e che certa burocrazia non ci ha permesso ancora di riprendere».

«Ma almeno non sono state danneggiate le cose più particolari», sdrammatizza Alice «come le cisterne antiche e la volta della Sala Baiocco del nostro palazzo dell'Aquila, decorata con dei putti che bevono vino di scuola patiniana. E poi abbiamo anche ritrovato un maggior orgoglio nel reagire alla situazione difficile che si è venuta a creare».

«La vedo in maniera un po' diversa», interviene Roberta «sicuramente i gravi e diffusi danni che ha provocato il terremoto alla famiglia e all'azienda ci hanno dato la forza di reagire, ma abbiamo dovuto tirarla fuori scontrandoci con una burocrazia assurda che va oltre i danni stessi e diventa un nuovo e più gravoso problema. Il Comune di Vittorito non è rientrato nel "cratere", non abbiamo avuto nessun tipo di supporto, neppur minimo, dai vari enti pubblici coinvolti, insomma ci siamo trovate a lottare per una delle realtà produttive del nostro territorio da sole, mentre altre realtà vicine con problematiche analoghe hanno avuto la possibilità di ripristinare la situazione antecedente al sisma in tempi rapidi».

Mentre Roberta spiega la complessa condizione dell'azienda che dal 2009 ha continuato a ricevere visite senza poter mostrare il suo maggior motivo d'orgoglio, la storica cantina sotterranea che conserva anche botti ultracentenarie di rovere di Slavonia con capacità da primato, una vera attrattiva che si aggiunge ad un percorso da piccolo museo vitivinicolo creato negli spazi del palazzo, Alice rilancia in positivo.

«Da allora tutto l'impegno della famiglia si è concentrato sulla nostra attività che da subito ci siamo sforzate a mantenere invariata, non abbiamo avuto nessuna perdita di fatturato infatti e dobbiamo ringraziare soprattutto il nostro rapporto lavorativo, quasi morboso come quello affettivo. C'è poca differenza di età tra di noi, abbiamo sempre vissuto assieme le amicizie, gli studi, e naturalmente questa sinergia è arrivata anche in azienda, sotto la regia fondamentale di nostro padre».

«Anche la notte del terremoto», la interrompe Roberta «non abbiamo pensato a scappare o a fare il giro della casa. Quasi telepaticamente siamo scese giù al punto vendita e abbiamo passato tutta la notte con papà e mamma a pulire il lago di vino che le bottiglie cadute avevano lasciato sul pavimento, per paura che si macchiasse». «Sa il pavimento», precisa Alice «lo ha scelto nostra sorella Serena».

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