Legnini: nella regione il massimo della tutela ma anche delle fragilità 

«L’ecomafia non riesce a penetrare, però il rischio è elevato Le aggressioni al territorio ci sono: Bussi, Rigopiano, gli incendi» 

L’AQUILA. «L’Abruzzo terra di ecomafia? Per ora ha un sufficiente grado di impenetrabilità, ma il livello di rischio è alto, non bisogna abbassare la guardia. L’Abruzzo è il massimo della tutela e del rispetto dell’ambiente e dei valori della natura, con parchi, aree protette, oasi, riserve. Ma presenta anche alcune punte massime di aggressioni all’ambiente. Fragilità e aggressioni al territorio, come le vicende note di Bussi, Rigopiano, gli incendi boschivi e altri fenomeni criminali. Che per fortuna sono in via di definizione con le indagini in corso».
Il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, ospite ieri al forum sulla legge 68 del 2015 – che ha introdotto l’ecoreato nel codice penale – nella sede del comando generale dei carabinieri forestali, all’Aquila, sottolinea come «i fenomeni di ecomafia crescono sul territorio nazionale, anche se disponiamo di un patrimonio di conoscenze molto avanzato, grazie anche alle associazioni. In Abruzzo non bisogna abbassare la guardia, perché il rischio è elevato».
«La riforma di cui discutiamo è ben fatta e funziona. Finalmente abbiamo un quadro di tutela penale ambientale organico, efficace, con il raddoppio della prescrizione, la riparazione, il ripristino ambientale. Non c’è dubbio che a Bussi sarebbe andata diversamente con la nuova norma. Bussi, ma anche altri fenomeni più gravi e meno gravi. Se da tempo avessimo avuto questa legge, avremmo risultati molto più avanzati ed efficaci. Ora attendo che la riforma dispieghi appieno i suoi effetti, con il coordinamento tra magistratura e forze dell’ordine e la cultura della prevenzione e del ripristino ambientale».
E sul dubbio della presidente della Corte d’Appello, Fabrizia Ida Francabandera, se i reati sono pochi o se la tutela non è sufficiente, Legnini è prudente: «È difficile dirlo: ciò che dobbiamo osservare è la capacità del nuovo quadro normativo, con la repressione e la prevenzione come capacità dissuasiva».
Il vice presidente del Csm, nel suo intervento, che ha chiuso il forum sull’ecoreato, ricorda che l’Italia è stato il primo Paese al mondo a inserire nella Costituzione (articolo 9, comma 2) la tutela dell’ambiente. E cita tre personaggi, due dei quali definiti da Legnini i «padri del diritto ambientale», ovvero «Benedetto Croce e il giovane giurista abruzzese Nicola Falcone, morto sul fronte nel 1916, durante la Grande guerra». Il terzo è Papa Francesco. «L’Abruzzo è sempre stata una regione di grandi bellezze, ma anche di grandi conflitti. La prima legge ambientale», sottolinea Legnini, «è del 1902, poi un’altra nel 1909. Benedetto Croce vuole una legge organica nel 1920, poi migliorata nel 1939. Per lui la difesa dell’ambiente è “un’alta ragione morale e non economica”. Falcone, non molto conosciuto, ha scritto un libro dal titolo “Il paesaggio italico e la sua difesa”, nel 1914».
Ma per Legnini c’è un’enciclica di Papa Francesco che è «come un testo unico: la seconda lettera enciclica nel suo terzo anno di pontificato, il 24 maggio 2015, “Laudato si”, riferita alle lodi di San Francesco per il Creato. Un’enciclica a tutela dell’ambiente, che però non si limita alla lettura ambientale, ma va oltre, per contrastare fenomeni come lo scarto, i rifiuti, l’esaurimento delle risorse naturali – come l’acqua –, il degrado ambientale e sociale. Però non basta una legge», conclude Legnini, «occorre un’etica morale. Gli strumenti sono efficaci, ma la cultura dei cittadini, delle società, delle imprese, è sufficiente?».
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