LETTERA DI CAMILLA LOPEZ AD ARTURO BANDINI
Questo racconto è tra i 15 in gara per il premio John Fante 2013. Oltre al titolo assegnato dalla giuria di qualità, sarà assegnato anche un premio dei lettori. Se vuoi far vincere questo scritto condividilo su Facebook, Twitter o Google+
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Io ti odio Arturo Bandini.
Odio quel tuo modo così saccente di porti, odio quel tuo dare così tanto peso alle parole, quel tuo amare anche le cose più insignificanti.
Cosa ne può sapere uno scrittore della vita di tutti i giorni?
Esci per strada con i tuoi vestiti nuovi mentre io cammino con scarpe rotte.
Sai mio caro Arturo, io tutte le mattine mi sveglio e penso soltanto ad arrivare a fine giornata. A preoccuparmi di trovare del pane, di regalare sorrisi a volti sconosciuti, a servire boccali di birra per annebbiare i pensieri.
Non ho ricevuto nessun tipo di educazione se non quella di dover dare ragione e stare zitta quando mi umiliano. E non smetto mai di sorridere, perché nessuno mi toglierò la voglia di dare l'amore agli sconosciuti.
Nemmeno a quelli come te.
Quella volta che sono venuta a casa tua mi è venuta la nausea. Quella macchina da scrivere che serve soltanto a farti sentire qualcosa, qualcuno, Arturo Bandini lo scrittore!
Il tuo quartiere così candido e insignificante, dove regna quell'ordine maniacale nel quale c'è sempre un posto per ogni cosa.
Questo può valere con gli oggetti ma non nella vita, non esiste ordine o teoria o struttura che tenga.
E io amo vivere proprio per questo, per naufragare e lasciarmi portare alla deriva.
E amo Sammy perché è l'isola dove il male non esiste, dove nessun Bandini mi può trascinare in una spiaggia per fare il bagno.
E forse quel giorno in spiaggia ti ho conosciuto, quando sei apparso così fragile ai miei occhi.
Non avevi più la certezza di cosa fosse giusto o sbagliato per noi due.
Hai avuto paura che io annegassi e lì, per la prima volta, mi hai davvero voluta bene.
Ma dimentichi che quelle acque sono il sale quotidiano delle mie estati, e il mio corpo è salsedine e fuoco.
Ho pensato che eri in gabbia quel giorno. Che non sapevi vivere di follia. Sei un codardo.
E non darmi della presuntuosa, lo sei più tu che giri per la città con quella copia sgualcita del tuo racconto dicendo a tutti che sei uno scrittore.
Sono solo parole Arturo, inutili lettere su un pezzo di carta destinato a sparire.
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