L’intervista a Paola Mastrangelo: «La mia vita stravolta dalla sclerosi. Penso ancora di dire basta»

2 Ottobre 2025

Da 12 anni la giornalista lotta con la Sla: non può muoversi né parlare. Per comunicare utilizza un tablet. Mare, musica e il Pescara le sue passioni. Stasera su Rete8 a “Zoom – storie dal nostro tempo”

PESCARA. «All’inizio è stata dura accettare l’arrivo di questa “bastarda” di malattia, ma fin da subito ho deciso che non avrei guardato al passato e che sarei rimasta me stessa. Almeno nel cuore e nella mente, le uniche cose che la malattia non mi ha tolto». È con gli occhi che Paola Mastrangelo racconta la sua storia davanti alle telecamere di Zoom, storie dal nostro tempo, il nuovo programma di Rete8. La prima puntata andrà in onda oggi alle ore 23. La regia è di Carmine Di Cecco.

Gli occhi, si diceva, sono l’unico strumento rimasto a Paola per comunicare. Grazie a uno speciale calibratore ottico, riesce a digitare i tasti sul tablet posizionato di fronte alla sua carrozzina. Una volta terminata la frase, la voce metallica del dispositivo completa l’opera e dà suono ai pensieri che lei vorrebbe esprimere. Tutto ciò a causa della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che le ha progressivamente paralizzato ogni muscolo volontario, segnando un solco indelebile tra il prima e il dopo. Perché esiste un prima, in cui Paola è un’insegnante e una giornalista talentuosa, impegnata anche in televisione («Sono sempre stata una persona loquace e amante della comunicazione», ricorda lei) ed esiste un dopo che ruota attorno ai macchinari da cui dipende la sua sopravvivenza e all’aiuto costante di familiari, badanti e volontari, che ogni giorno la assistono, 24 ore su 24. Ed è anche per loro che «non ho mai mollato», spiega ancora Paola. La forza enorme di questa donna è alimentata dalle sue tre grandi passioni: «Il mare, la musica e, soprattutto, il Pescara». Questo è un piccolo estratto della sua storia.

Paola, quando ha capito che c’era qualcosa che non andava?

«Era il 2 luglio del 2013, una data che oggi è ancora impressa nella memoria. Non me lo dimenticherò mai».

Racconti.

«Era una mattina come tante altre. Ai tempi ero un’insegnante e quel giorno sarei dovuta andare nella mia scuola, dove ero membro interno della commissione per gli esami di maturità. Ma appena ho aperto gli occhi, mi sono accorta di sentire una sensazione strana. Come se, da un giorno all’altro, qualcosa dentro di me fosse cambiato».

Può descrivere questa sensazione?

«Avevo difficoltà a parlare, non riuscivo a pronunciare alcune lettere, provavo a cantare ma non ci riuscivo. Era come se il pensiero non riuscisse a tradursi in linguaggio. A pensarci oggi, non so come ho fatto a portare a termine gli esami».

E poi?

«È iniziato il mio calvario, un pellegrinaggio tra ansie e paure negli ospedali di tutta Italia. Nessuno riusciva a capire cosa avessi. Qui in Abruzzo un primario mi disse che era un problema psicosomatico e mi prescrisse degli psicofarmaci, come se fossi pazza... Solo al San Raffaele di Milano mi hanno dato la diagnosi definitiva: malattia del motoneurone con paralisi bulbare progressiva, in una forma – tra l’altro – particolarmente aggressiva. I medici mi avevano dato un anno e mezzo di vita».

Sono passati 12 anni e lei è ancora qui.

«Non è stato facile. Una volta persa la capacità di parlare, ho dovuto abbandonare il mio lavoro da insegnante. E pensi che avevo appena ottenuto la cattedra dopo anni di precariato: è stata durissima da accettare. Io, poi, facevo anche la giornalista, per me la comunicazione era vitale. E infatti dico che questa è la menomazione che non ho mai superato: non poter parlare è peggio di non muovere neanche un muscolo».

Come ha trovato la forza di andare avanti?

«All’inizio mi sono isolata, ma poi ho deciso di lottare con tutte le mie forze contro la Sla, questa “bastarda”, come la chiamava il calciatore Stefano Borgonovo, anche lui affetto dalla stessa malattia. Per preservare il mio cuore e la mia mente – le uniche cose che la Sla non mi ha potuto togliere – mi sono ispirata a due grandi personaggi».

A chi?

«Uno è l’atleta paralimpico Alex Zanardi, ex pilota automobilistico rimasto senza gambe dopo un grave incidente, che diceva: “Non pensare a ciò che non puoi fare per ciò che non hai, ma pensa a ciò che puoi fare con quello che hai”. L’altro è lo scienziato Stephen Hawking, che nonostante la Sla è riuscito ad avere una vita piena e di successo. C’è una sua frase, bellissima, che dice: “Finché c’è vita, c’è speranza. Ricordatevi di guardare alle stelle, non ai vostri piedi”. Ho pensato che mi restava un dono della vita, la scrittura, che potevo ancora coltivare grazie alla tecnologia».

Ha altre passioni oltre la scrittura?

«Amo il mare, la musica e soprattutto il Pescara calcio. L’anno scorso, quando ero sul punto di praticare la sedazione profonda, la cavalcata dei biancazzurri verso la serie B mi ha fatto capire che Gesù mi voleva ancora su questa Terra. Anche la possibilità di partecipare a questo programma è stata un segnale. Certo, dopo 12 anni penso di aver lottato abbastanza...».

L’intervista completa stasera alle 23 su Rete8.