3 ottobre

Oggi, ma nel 1959, a Ginevra, in Svizzera, nella villa Grand-Sacconex, un sicario, destinato a rimanere ignoto, uccideva a colpi di oggetto contundente, che non sarà mai ritrovato, Nicolas d’Espine-Sarasin, di 21 mesi, figlio di Pierre d’Espine e Catherine Sarasin il delitto rimarrà senza un colpevole assicurato alla giustizia. Il bambino veniva rinvenuto in una pozza di sangue, sul pavimento della sua stanza al primo piano, non distante dal lettino con tanto di sbarre nel quale dormiva. L’omicidio destava enorme scalpore a livello internazionale. Anche perché Pierre d’Espine, impiegato in banca, era il figlio del presidente della Lega delle chiese protestanti. E soprattutto nel Belpaese per via della presenza del cameriere italiano, Mario Breno, di 35 anni, originale di Mornico al Serio, in provincia di Bergamo, tra i sospettati. Quest’ultimo veniva inizialmente portato in carcere e tenuto in cella d’isolamento per otto giorni in quanto ritenuto il potenziale killer (nella foto, particolare, la notizia riportata sul quotidiano torinese “La Stampa”, nel pezzo di Elena Fisher del 7 ottobre 1959), anche perché era stato licenziato, per comportamenti poco rispettosi nei confronti dei proprietari di casa nonché datori di lavoro, ma poi già il 12 ottobre successivo verrà chiarito il suo essere estraneo al delitto anche se per avere il proscioglimento bisognerà attendere il 1961. Anzi, nonostante il carattere burbero s’era affezionato al piccolo. Quindi, il 15 marzo 1961, l’attenzione della magistratura e de si accenderanno sulla transalpina Simone Gorceix, già amante di Pierre d’Espine ed ex socia d’affari del rampollo elvetico. Ma anche tale pista si rivelerà essere una bolla di sapone