Masci : «Con lui trasformammo la città»

Amici e oppositori uniti: «Una persona perbene». D’Alfonso: «Sua la visione della città veloce»

PESCARA. «Carlo Pace è stato il mio padre politico, maestro di vita e carissimo amico». Parole di Carlo Masci, l’assessore più giovane della prima giunta Pace quando a 34 anni si vide affidare dall’allora sindaco le questioni a lui più care: gli impianti sportivi, le scuole, la riqualificazione urbana, il turismo e il traffico. «In quegli anni gestimmo la trasformazione della città, dalle scuole agli impianti sportivi, alla prima pedonalizzazione del centro storico, nel ’97, che poi portò anche quella del centro. Ci fu la stagione dei grandi concerti, Sting prima di tutti e poi l’area di risulta acquisita e spianata, e dove Carlo avrebbe voluto realizzare il teatro progettato da Botta. Con Pace facemmo la strada parco, realizzata in due anni per fare posto a quella città veloce di cui si parla ancora oggi. Aveva una visione di Pescara come di una realtà viva, grande». Parla con affetto e nostalgia Masci mentre racconta l’entusiasmo di quei primi anni novanta dopo Tangentopoli e delle prime esperienze civiche che portarono all’elezione di Pace per la coalizione di centrodestra. «Pace fu l’outsider che piacque ai pescaresi per la sua normalità, rappresentava la politica della gente normale. Fu il primo sindaco di Forza Italia, Berlusconi stravedeva per lui, Avrebbe avuto il titolo per fare il parlamentare. Ma era un puro, non è mai stato ai giochi».

Una stima che arriva anche dagli avversari politici di allora. Gianni Melillla, deputato del Movimento democratico progressista: «L’ho avuto come avversario politico al Comune dal 1998 al 2003. Lui sindaco e io all’opposizione alla guida del centrosinistra. Persona onesta, affabile, di cui sono diventato amico». Così Maurizio Acerbo, all’epoca consigliere comunale di Rifondazione: «Anche se ero stato il suo più combattivo oppositore, una delle qualità di Carlo è che non aveva mai tradotto in astio lo scontro politico. Anche nel nostro ultimo incontro di sabato mi ha ringraziato per averlo sempre tallonato. Ci aiutavi a non sbagliare - diceva - tante volte mi potevo fare scudo della tua opposizione. Eravamo pescaresi che a volte si scontravano ma per la comune passione per il bene della città. Carlo è riuscito a essere sindaco senza perdere la gentilezza anche nei momenti di maggiore tensione. Lo ricorderò sempre con affetto».

«Non immaginavamo un epilogo simile», scrive il sindaco Marco Alessandrini, «Pescara perde prima di tutto un uomo per bene, una persona limpida, pulita e appassionata della sua città. Ci sentivamo spesso e la sua è una voce che ci mancherà molto».

«La scomparsa di Carlo Pace mi addolora profondamente», scrive il presidente della Regione Luciano D’Alfonso. «Ho sempre avuto con lui un rapporto sincero e collaborativo, e i suoi esperti suggerimenti non mancavano mai in tema di infrastrutture, soprattutto se si parlava del porto di Pescara o dell’aeroporto d’Abruzzo. Nei nove anni vissuti in qualità di sindaco di Pescara ha coltivato la visione della “città veloce” dando saggia concretezza alla vocazione naturale del capoluogo come fulcro dell’area metropolitana». E Geremia Mancini, all’epoca consigliere comunale e oggi presidente onorario di “Ambasciatori della fame”: «Il ricordo che ho di Pace è dell’8 agosto 1995 quando gli chiesi di far suonale alle 8,10 di quel giorno la Campana del Palazzo di Città, da anni silenziosa, per ricordare la Tragedia di Marcinelle. Con grande sensibilità acconsentì». (s.d.l.)

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