Miriam, per tre mesi in trincea contro il virus 

Penne. I giorni dell’emergenza raccontati dalla caposala del reparto Covid: «È stata dura vedere le persone soffrire senza avere il conforto dei propri cari»

PENNE. Il ricordo è ancora vivo nel cuore e nella mente.
L’emozione si percepisce dai suoi occhi e dalla sua voce, che cambia d'intensità quando ricorda i momenti più delicati, difficili ed emozionanti vissuti all’interno del reparto Covid-19 dell'ospedale San Massimo di Penne. Miriam Di Carlo, 55 anni, caposala dell’area medica e del reparto Covid-19 dell'ospedale San Massimo di Penne, racconta i tre mesi di emergenza coronavirus: «La gestione della pandemia ha fatto emergere la parte migliore di noi stessi, sia da un punto di vista professionale che umano», racconta la caposala.
«Nel periodo di maggior contagio siamo arrivati ad avere in reparto 24 ricoverati. Anche l'inizio è stato difficile. Adesso due pazienti positivi sono stati trasferiti ieri nel reparto Covid-19 di Pescara, mentre altri quattro attendono la risposta del secondo tampone che ne accerti la definitiva guarigione».
Qual è stata la difficoltà più grande che avete incontrato in questi mesi di emergenza?
«La difficoltà maggiore è stata riorganizzare tutto il lavoro. Abbiamo dovuto adottare tutti i dispositivi previsti da un reparto Covid e modificare quelli che erano spazi di un normale reparto di medicina, per far sì che potessero ospitare un reparto infettivi. Abbiamo creato zone filtro, spazi per la vestizione e svestizione».
È stata dura combattere un nemico invisibile?
«Abbiamo pagato dazio con un personale infermieristico, oss e medico che è stato letteralmente dimezzato dal coronavirus. Tra i medici solo la dottoressa Menni ha resistito al virus. Nonostante ciò, con grande spirito di sacrificio ed abnegazione, abbiamo fronteggiato l'emergenza. Abbiamo fatto un gran lavoro di squadra: dagli oss ai medici, dagli infermieri al personale della pulizia. Tutti encomiabili, dal primo all'ultimo. Un'altra difficoltà è stata quella dei dispositivi di protezione, che all'inizio dell'emergenza erano inadeguati e insufficienti. Le tante donazioni ricevute, e il continuo supporto della direzione sanitaria, ci hanno aiutato tantissimo».
Com’è stato il rapporto con i malati di coronavirus?
«È stata dura contenere le emozioni in alcuni frangenti. I pazienti avevano bisogno di conforto e per questo si è creato un rapporto empatico fortissimo con il personale infermieristico. Devo dire che gli oss, hanno giocato un ruolo determinante e sono stati dei veri e propri angeli custodi dei malati. È stata dura vedere persone soffrire e morire senza avere il conforto dei propri cari».
Adesso cosa ne sarà del reparto di medicina pennese?
«Tutto sta rientrando alla normalità. In questo periodo di emergenza io mi sono dedicata anima e cuore al reparto Covid, mentre il dottor Guido Delle Monache ha portato avanti il reparto no Covid. Con l'uscita degli ultimi pazienti positivi l'area medica può tornare a svolgere in modo completo tutte le sue attività, anche se fondamentalmente non sono mai state interrotte, grazie all'isolamento garantito dagli infetti dal coronvirus. Ce l'abbiamo fatta solo con grande lavoro di squadra».
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