Montesilvano, processo Ecoemme al viaCento intercettazioni contro Sospiri e Cordoma

L'inchiesta sul monopolio dei rifiuti in mano ai Di Zio, nessuno chiede i danni

PESCARA. «Guarda Lillo, io ti vorrei tanto dire una cosa... te la dico da amica, ma perché non ti liberi di Lorenzo che è un cretino?». «Proprio un deficente, guarda... tutti i casini che ho avuto, solo per lui li ho avuti, solo per lui». «Esatto». «Solo per lui». A parlare al telefono sono un'ex funzionaria di Montesilvano e il sindaco indagato Pasquale Cordoma, detto Lillo. È una delle cento intercettazioni contro Sospiri e Cordoma che la procura vuole portare al processo Ecoemme.

Ieri, dopo la falsa partenza dell'11 ottobre scorso, è cominciata l'udienza preliminare del processo Ecoemme, la società dei rifiuti di Montesilvano formata dal Comune, dalla Deco spa dei fratelli Di Zio e dalla Comunità montana Vestina e che la procura considera cessata dal 31 dicembre 2006 ma, di fatto, ancora in piedi. Durante l'udienza nell'aula 4 del tribunale, davanti al gup Luca De Ninis, la Provincia di Pescara ha tentato di costituirsi parte civile: il giudice ha bocciato la richiesta. Invece, di fronte a «un vantaggio di sette milioni di euro» in dieci anni assicurato ai Di Zio, così come sostiene la procura, il Comune di Montesilvano finora non si è costituito parte civile: Cordoma, il sindaco eletto sotto la bandiera della legalità ma scivolato in cinque inchieste, lo stesso che ha fatto costituire il Comune nel processo Ciclone contro il suo predecessore arrestato Enzo Cantagallo, ha scelto di non rifarlo contro se stesso.

Fino a oggi, l'amministrazione Cordoma ha pagato più di 20 mila euro all'avvocato Tommaso Mancini per la difesa nel processo Ciclone: Cordoma non ritiene necessario costituirsi contro se stesso e contro Lorenzo Sospiri, consigliere regionale e capo pescarese del Pdl, il politico che più di tutti si è schierato con Cordoma.

Con Sospiri e Cordoma accusati di corruzione, sono indagati il sindaco di Farindola Antonello De Vico (l'unico imputato presente ieri in aula), il presidente di Ambiente spa ed esponente del Pd Massimo Sfamurri, l'avvocato Fabio Savini, ex vicepresidente del cda dell'Ecoemme, e Paolo Cucculelli, tecnico della Comunità Vestina. Nel procedimento ci sono anche i Di Zio: sono indagati Ettore Ferdinando Di Zio, titolare dell'impresa dei rifiuti con il fratello Rodolfo (indagato nel filone teramano dell'inchiesta con l'ex assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni, oggi capogruppo del Pdl), il nipote Ettore Paolo Di Zio, ex consigliere del cda Ecoemme, e Giordano De Luca, genero di Di Zio ed ex consigliere del cda Ecoemme e della società Ecologica srl. Secondo quanto annunciato ieri in aula, durante la prossima udienza del 31 gennaio Ettore Paolo Di Zio rilascerà una dichiarazione spontanea.

Al centro dell'udienza, le intercettazioni: oltre alle conversazioni ascoltate dalla squadra mobile, nell'elenco ci sono anche le comunicazioni intercettate dai carabinieri di Penne in un'altra indagine e convogliate in questo procedimento. Tra le intercettazioni che il pm Anna Rita Mantini ritiene importanti, una su tutte riassume l'inchiesta: il 22 settembre 2010, giorno dell'arresto ai domiciliari di Venturoni e Di Zio per il progetto di un inceneritore a Teramo, Cordoma parla così con la moglie: «Ma perché Di Zio che fa?». «Di Zio», risponde il sindaco, «è la Deco, ha il monopolio della spazzatura in tutto l'Abruzzo. Semplicemente questo. Adesso sto andando in Comune così vedono che non sono stato arrestato». «Deco» e «monopolio della spazzatura»: le stesse parole d'ordine che squadra mobile e procura considerano determinanti. Per l'accusa, l'Ecoemme è stata gestita «in palese illegalità» fin dal giorno della sua nascita, il 7 agosto 1998 senza gara d'appalto: una «posizione egemonica e monopolistica» che ha garantito ai Di Zio «un vantaggio di sette milioni di euro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA