Morta nel tunnel, parla la sorella «Anna uccisa, riaprite il caso» 

Reazioni alla condanna a 11 anni e mezzo del responsabile della violenza e del decesso della Carlini  Isabella: «La procura ha preso a cuore questa vicenda, farò tutto il possibile per ottenere giustizia»

PESCARA. Addolorata e delusa. Isabella Martello si sente così, all'indomani della sentenza che condanna a undici anni e mezzo il romeno Nelu Ciuraru per violenza sessuale e omissione soccorso nei confronti di Anna Carlini, sorella di Isabella, lasciata morire a 33 anni, il 30 agosto 2017, in un tunnel vicino alla stazione ferroviaria, dopo essere stata stuprata. Con Ciuraru è stato condannato anche Lajos Robert Cioragariu, per la sola omissione di soccorso (due anni).
«Per noi familiari è una sentenza choc», commenta Isabella. «Non mi aspettavo certo una condanna a 30 anni ma almeno a 14, come è stato chiesto dal pm Rosangela Di Stefano, che ha preso molto a cuore la storia di Anna. Viviamo con dolore questa sentenza perché abbiamo lottato per tre anni. Sappiamo benissimo che è stato un processo delicato ma ho capito che il valore della vita di mia sorella è di undici anni, che poi non saranno mai undici veramente ma molti di meno: quell'uomo tra sei anni sarà fuori, abbraccerà la famiglia, tornerà alla sua vita. Ma Anna non c'è più e possiamo vivere soltanto di ricordi. Ora non mi posso fermare a questa sentenza. Non è che la mancanza di un'arma faccia venire meno l'essenza di un omicidio, per me. Anna è stata portata alla morte: cosa le dovevano fare di più, per essere considerato un omicidio? L'hanno portata lì, l'hanno fatta bere, picchiata, stuprata, e derubata per paura che potesse chiedere aiuto. Continueremo a lottare, chiederemo la riapertura del caso, anche a livello di indagini. Dovranno dirmi per mano di chi non c'è più mia sorella, che per me era come una figlia».
Ha fiducia nella giustizia?
«Ho voluto sperare nella giustizia, senza illudermi, ma oggi non ci credo più. Anna non ha avuto nemmeno un pizzico di giustizia, anzi per lei non ci sono stati né cuore né giustizia. Il valore di una vita non è negli anni carcere che si infliggono ai responsabili, che siano 30, 20 oppure 5, e non è neppure nel risarcimento, ma speravo che almeno venisse accolta la richiesta del pm. Oggi mi sembra che la vita di Anna non valga nulla e realizzo che la legge non è uguale per tutti perché, di fatto, si può uccidere ed essere condannati a 10 anni. Questa non è giustizia. No, non mi aspettavo che finisse così».
Che giorno è, dopo la sentenza?
«E' come se fosse il giorno della morte di Anna, rivivo quel dolore e mi sento di non averle dato quello che meritava nonostante i tre anni di lotta, i sit in davanti al tribunale, le interviste in tv che mai avrei pensato di fare. Ma voglio andare avanti, fare tutto quello che posso. Anche se ora non mi sento la forza, me la darà Anna, come me l'ha data fino ad ora. Ieri la sentivo lì con noi e la pregavo di guidare quella penna, quella che ha scritto la sentenza».
E se avesse davanti Ciuraru, che cosa gli direbbe?
«Non gli direi niente. Nella memoria difensiva ha scritto di essere dispiaciuto nei confronti della mia famiglia e di voler chiedere la verità. Ma non mi toccano queste scuse, che sono solo una strategia del suo difensore.
Oggi si sente giù, ma c'è qualcuno che l'ha sostenuta in questo periodo?
«Fabiola, la madre di Jennifer Sterlecchini, mi è sempre stata vicina e mi ha accompagnata, nonostante il suo dolore immenso. E poi l'avvocato Fiorenzo Pavone, che mi è stato vicino anche a livello umano, e gli altri avvocati della parte civile».
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