Farindola

«Neanche un politico in un mese. Adesso Mattarella venga qui»

Il dolore e la rabbia di Nicola Colangeli, 68 anni, autista della Gtm in pensione, sotto la valanga ha perso la sua figlia più piccola, Marinella di 30 anni

INVIATA A FARINDOLA. «Un mese è passato e qui non si è visto un politico, nessuno». Nicola Colangeli, 68 anni, autista della Gtm in pensione, sotto la valanga ha perso la sua figlia più piccola, Marinella, 30 anni compiuti lo scorso ottobre. Ma nel dolore non ha perso la rabbia di chi in questo posto c’è nato e l’ha visto morire a poco a poco. «Alla fine degli anni Cinquanta c’erano quasi seimila abitanti. Poi la grande emigrazione, soprattutto in Liguria, a Sanremo, e 60 anni di abbandono. Perché qua è da sessant’anni che non si spende una lira. Guardate le strade tutte rotte, l’ospedale di Penne che sta chiudendo, la Roman Style che sta come sta. Ci hanno lasciato dieci giorni senza elettricità, sommersi dalla neve. E poi la valanga. E neanche un politico che in un mese è venuto a metterci la faccia».

È uno sfogo lucido che Colangeli fa seduto a uno dei tavoli della Locanda del Brigante, l’albergo ristorante sorto nel 2002 nella zona nuova del paese, in contrada Colli. Da qui, da dove potrebbe iniziare la rinascita. Non è un sogno, ma un progetto che a Farindola sta prendendo forma per aiutare i dipendenti del resort rimasti senza lavoro, almeno sei o sette di loro, a ripartire insieme a tutto il territorio segnato a morte dalla sua montagna. Il progetto lo illustra l’ex sindaco Massimiliano Giancaterino, che il 18 gennaio ha perso il fratello Alessandro: «Dopo quel disastro sono stato contattato da un gruppo di piccoli imprenditori locali che mi hanno detto di voler fare qualcosa per aiutare la rinascita. C’era la Locanda del brigante chiusa da un po’ di tempo, ho contattato il proprietario, che vive in Liguria, proponendogli di affidare con una forma di cooperativa il locale ai ragazzi. E lui non solo non si è tirato indietro, ma ci ha detto subito che avrebbe rinunciato ai primi sei mesi di affitto». Il proprietario è Marcello Ciarma, uno dei tanti farindolesi che ha messo il suo talento a frutto in Liguria e che ha lasciato al fratello Dante la gestione del locale da 120 posti a sedere e cinque camere per dormire. «Se tutto va bene dovremmo partire tra fine marzo e inizio aprile», dice Giancaterino, «e l’idea sarebbe di chiamare il grande chef Cannavacciolo a benedire questo nuovo inizio. Ci speriamo tutti». E ci spera anche Nicola Colangeli: «Se non si può ricostruire l’albergo che era il motore di tutto il paese, almeno è qualcosa per ripartire. Ma ci devono aiutare se non vogliono che dopo le 29 vittime se ne facciano altre 1500». Aiutato da Dante Ciarma e dal genero Angelo Acerbo, Colangeli elenca i ristoranti, e tutte le attività che traevano linfa vitale dal resort: «La birreria, le pizzerie, le trattorie, i bar, e poi il benzinaio, le due lavanderie, il panificio, l’edicola che gestisce mia moglie. Ora che la neve si è sciolta e le 1500 forze dell’ordine se ne sono andate, qua rischia di scomparire tutto. Ma visto che non s’è visto nessuno mi appello al presidente della Repubblica. Com’è andato nelle zone terremotate venga anche qui dove c’è stato il disastro che ha colpito tutto il mondo. Sarebbe un segnale importante per tutti, anche per la politica che da qui è scomparsa». Uno sfogo lucido che in nome della sua Marinella diventa un antidoto al dolore per Colangeli. «Lo faccio per lei, per Marinella, perché ce lo diceva sempre a me e alla mamma Ioletta, che dovevamo essere grintosi». Ed eccola, la grinta di Nicola Colangeli che evapora in un istante quando racconta delle ore passate a sperare che Marinella fosse viva, della corsa al palasport di Penne a dire che forse era sotto l’ascensore, attaccato alla spa di cui Marinella era la responsabile. Invece Marinella era al bar, ad aiutare i colleghi a preparare le camomille per i clienti che non ce la facevano più, che dopo la quarta scossa se ne volevano andare. «Se non li avessero presi in giro, che la turbina arrivava, non si sarebbero messi tutti ad aspettare e mia figlia rimaneva sotto, nella spa, l’unica cosa che non è crollata. E si salvava». Oggi alle 17, nella chiesa di San Nicola Vescovo la messa a un mese dalla scomparsa di Marinella. «Era innamorata del suo lavoro. Il suo sogno era stare là, al resort. Ci era entrata a 21 anni, appena aperto, ed era diventata la responsabile della spa in poco tempo. Per quel lavoro non c’è stato più Natale o Pasque da passare in famiglia. Ma il 16 ottobre per i suoi 30 anni aveva voluto una bella festa a casa. L’unica che ha fatto».

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