Pescara

«Noi aggredite perché trans: basta, sono inutili anche le denunce»: il caso a Pescara centro

25 Settembre 2025

Le disavventure di Fabiana in piazza Santa Caterina e di Mia nel parcheggio del Bingo. I loro racconti: “Sono stata inseguita fino sotto casa, insultata, picchiata e presa a sputi". “Pedinata e minacciata da due parcheggiatori abusivi e ubriachi"

PESCARA. «Sono stanca di questa situazione, qui non riesco più a vivere: sono stata inseguita, insultata e picchiata da un perfetto sconosciuto per il fatto di essere una donna transessuale. Adesso è arrivato il momento di dire basta: me ne vado da questa città». Con parole cariche di rabbia e amarezza Fabiana Gelsomino, 34 anni, originaria di Manfredonia (Foggia) e residente nel capoluogo adriatico da oltre cinque anni, racconta l’aggressione subìta di notte nel cosiddetto “quadrilatero del degrado” in centro e che coinvolge, ancora una volta, piazza Santa Caterina.

Secondo quanto dichiarato dalla donna, un uomo l’ha seguita fino all’ingresso della sua abitazione, per poi aggredirla brutalmente con calci, sputi, pugni in testa e graffi. Immediata la richiesta di aiuto all’amica Mia Cardellicchio, anche lei transessuale e originaria di Salerno e che, nel prestarle soccorso, non avrebbe mai immaginato – a soli 30 minuti dalla prima aggressione – di trovarsi coinvolta in un secondo episodio di violenza. A poca distanza dal primo, davanti al parcheggio del Bingo, intorno alle 22, Mia e suo marito sono stati minacciati, e inseguiti, da due parcheggiatori abusivi di piazza Santa Caterina. «Trans, girati. Stiamo parlando con te. Vieni qui», hanno gridato. I due, racconta Mia, erano, «in evidente stato di alterazione e con bottiglie di birra in mano che agitavano come minaccia».

La denuncia di Fabiana. «Mi trovavo in piazza Santa Caterina, intorno alle 21.30 di venerdì, quando uno sconosciuto ha iniziato a insultarmi e a sputarmi addosso», dichiara, «mi diceva: “Trans’, fai schifo. Ti devi vergognare”. Mi sono allontanata subìto, ma quella figura mi ha seguita fin sotto casa: ha bloccato il portone ed è entrato con me, colpendomi con pugni e calci. Mi ha tirato i capelli e poi mi ha graffiata. Sono riuscita a difendermi e a raggiungere, di corsa, il mio appartamento. Una volta dentro ho telefonato a Mia che è venuta subito da me, insieme al marito, subendo anche loro un’aggressione. Non è la prima volta che subisco insulti in pieno centro, anzi, mi capita spesso di incontrare estranei che mi sputano addosso. Ma questa volta ho deciso di non denunciare, tanto è inutile. In passato ho chiamato più volte le forze dell’ordine e mi hanno detto: “Se non è in grado di dare nome e cognome dell’aggressore, la denuncia può anche farla, ma sappia che rimarrà qui nel mucchio”. Mi chiedo con quale logica, secondo loro, dovrei sapere il nome e cognome di uno sconosciuto. Dopo questo episodio di violenza, ho deciso di non girare più per le vie interne del centro, ma mi sento in pericolo perché qui nessuno interviene. È da cinque anni e mezzo che vivo a Pescara, ma è una città troppo chiusa e provinciale. Non riesco ad andare avanti così: è come se, ogni volta che uscissi, dovessi chiedere alla gente il permesso di farmi vedere».

Minacce davanti al Bingo. Appena 30 minuti dopo, intorno alle 22, un nuovo episodio di violenza. «Io e mio marito stavamo andando da Fabiana per prestarle soccorso», racconta Mia, «conosciamo bene il degrado di piazza Santa Caterina perché abbiamo lavorato per mesi nel fast food. Una volta scesi dall’auto, si avvicinano due parcheggiatori abusivi, ubriachi e con bottiglie di birra in mano. Ci dicono che dovevamo pagarli perché, secondo loro, stavano lavorando. Ho spiegato che già pago l’abbonamento del parcheggio e che, dunque, a loro non dovevo nulla. Ed è in quel momento che sono iniziate le minacce: ci hanno seguiti fino all’uscita del parcheggio urlando: “Che bella coppia che siete. Girati trans, sto parlando con te, vieni qui”. Ho dovuto calmare mio marito perché non volevo che finisse male: loro erano ubriachi e avevano due bottiglie in mano. Vivo bene a Pescara, ma quella zona è sempre stata problematica».

E poi il racconto di un normale giorno di lavoro: «Mentre pulivo la strada, fuori al locale, una di queste figure si è avvicinata dicendomi: “Ti pago cento euro se vai a letto con un mio amico”. Una violenza inaudita».

Il messaggio di Mia. «Spesso le persone pretendono di sapere se ho completato o meno la transizione di genere. Quando indosso una gonna mi guardano in mezzo alle gambe, nel tentativo di scoprirlo, e fanno commenti idioti tra di loro. A chi vive una situazione simile voglio dire: serve tanta forza, perché è una battaglia senza fine. Ma non mollate. Dovete pensare: “So chi sono e tutti gli altri non contano”. Ma un messaggio lo voglio lasciare anche a chi, senza provare un minimo di vergogna, continua a insultare noi donne transessuali: non si può giudicare una persona senza conoscerla. Ognuno di noi combatte la propria battaglia e, dunque, bisogna portare rispetto».