«Non iscrivo mia figlia alla classe degli stranieri» 

Prima media nella Marsica con una sola bimba italiana e sette immigrati Il padre: «È un problema didattico, voglio il nulla osta al trasferimento»

GIOIA DEI MARSI. Sette a uno. Sette figli di immigrati. Macedoni e bulgari, pachistani e marocchini. Papà che si alzano quando fuori è notte per andare a lavorare ai lavaggi. Alla lavorazione degli ortaggi del Fucino. Una figlia di un siciliano trapiantato nella Marsica, il quale è in cerca di un lavoro fisso. Da settembre gli otto ragazzi staranno tutti insieme. Nella stessa classe. Ma il genitore italiano non ci sta. Teme conseguenze. Non tanto per la posizione di minoranza della figlia. In attesa delle analisi sociologiche su un tale ribaltamento di numeri, sugli italiani che non fanno più figli e altro, la sua preoccupazione, più prosaica, va alle «possibili difficoltà di apprendimento» in un contesto del genere. E chiede alla scuola il nulla osta per il trasferimento in un altro istituto. Se la ragazzina non verrà iscritta, il rischio è che la classe, una prima media, non venga formata e che tutti debbano andare altrove. Il genitore, allora, grida alla «discriminazione alla rovescia» e chiede alle autorità scolastiche e al sindaco di intervenire.
IL CASO. Il singolare caso è di pubblica rilevanza e di interesse sociale in quanto affronta il delicato tema dell’integrazione, oltre che della crescita armonica e dello sviluppo equilibrato di tutti i ragazzi, senza distinzioni di sesso, razza, etnia e religione. La denuncia del genitore, infatti, che porta alla luce una seria problematica dei temi minorili, è destinata a riscaldare la già torrida estate di Gioia dei Marsi, porta del Parco. La stessa scuola fu definita dalla scrittrice Dacia Maraini come «un esempio di integrazione». Un paese multietnico. Con le suore indiane e il parroco nigeriano.
NIENTE RAZZISMO. «Non sono razzista», dice il padre, Emanuele Bargilli Mulieddo, che parla a pochi passi dalla piazza, dove ridono e scherzano insieme bambini marocchini e marsicani, tra altalene e scivoli. «Penso alla crescita e al benessere psicofisico di mia figlia, prioritari su tutto. Ho provato a spiegare le mie ragioni alle autorità scolastiche, ma non avendo avuto risposte precise ho deciso di contattare il Centro affinché la vicenda diventi pubblica. A questo punto, qualcuno si preoccuperà di verificare cosa sta succedendo in questa scuola». Per nulla preoccupato delle conseguenze della sua denuncia pubblica («non temo ritorsioni, i diritti di mia figlia vengono prima di ogni cosa, c’è chi vuole nascondere le cose, ma io no») il padre è un fiume in piena. «Negli anni passati alla primaria, altri genitori hanno deciso di trasferire i figli proprio a causa della presenza di tanti stranieri in classe. Io ho fatto una scelta diversa restando in questa scuola. Ma ora che mia figlia è rimasta l’unica italiana ho deciso di chiedere il trasferimento per tutelarla dal rischio di trovarsi indietro a causa delle diverse esigenze didattiche. Ma quando ho chiesto i moduli ho trovato resistenza da parte della scuola. Mi hanno detto: rinviamo tutto, manca la segretaria. Il fatto è che, se mia figlia non si iscrive qui, la classe rischia di non formarsi, con il trasferimento di tutti i bambini altrove. Con aggravio di costi per il trasporto a carico del pubblico».
LA SCUOLA. Dall’istituto nessuna presa di posizione. La problematica è ben nota ai vertici della scuola, ma non si hanno notizie ufficiali, al momento, di dinieghi in forma scritta. Tutto è rinviato ai prossimi giorni quando il dirigente scolastico sarà in sede.
L’ESCAMOTAGE. Per spostare gli alunni a Lecce nei Marsi oppure a Ortucchio c’è chi ha regolarizzato l’iscrizione e poi, trascorsi alcuni mesi, ha chiesto il trasferimento. Ma questa soluzione non piace a Mulieddo. «Se la mandano a Pescasseroli o Avezzano vado dai carabinieri. Piuttosto non la mando a scuola», tuona il genitore.
IL SINDACO. Il primo cittadino, Gianclemente Berardini, spiega che la percentuale di immigrati qui è considerevole. «Ci sono tante iniziative di integrazione, anche da parte della scuola. La popolazione ha un 28% di stranieri, come la stessa scuola. Un paio di anni fa, per una situazione analoga, alcuni bambini sono stati trasferiti a Ortucchio su richiesta dei genitori. Dall’anno successivo, due sono tornati a Gioia. La scuola ha sempre dato la disponibilità a mantenere il gruppo unito e allo stesso livello. L’istituto è molto all’avanguardia. Si fanno progetti molto interessanti». Lo spinoso caso è nelle mani degli uomini. Chissà se potrà metterci una buona parola San Giovanni Bosco, patrono sia degli educatori sia degli studenti, cui è intitolato l’istituto comprensivo. Il suo volto sorridente, affisso sulla facciata della chiesa, lascia ben sperare.