Il luogo dove venne ritrovato Carlo Pavone ferito alla testa

Omicidio Pavone, la Cassazione conferma la condanna: Gagliardi in carcere

Caduta l'aggravante della premeditazione, resta la condanna a 19 anni per omicidio volontario. Per l'ex dipendente delle Poste si sono aperte oggi le porte del carcere: gli restano da scontare 17 anni e 11 mesi di reclusione

MONTESILVANO . Fu Vincenzo Gagliardi a sparare il colpo che ferì e poi uccise Carlo Pavone. A stabilirlo è il verdetto della prima sezione della Corte di Cassazione, giunto nella tarda serata di ieri, che ha riconosciuto il dipendente postale di Chieti colpevole dell’omicidio volontario dell’ingegnere informatico. È caduta definitivamente, tuttavia, l’aggravante della premeditazione.
È un filo sottile quello che separa la “premeditazione” dalla “preordinazione”, un sofismo giuridico che per Gagliardi si è rilevato determinante, ai fini della determinazione della pena, che resta confermata a 19 anni come aveva stabilito la Corte d’appello dell’Aquila lo scorso anno. I giudici aquilani avevano rideterminato la pena inflitta in primo grado, sostenendo che sì, si era trattato di omicidio volontario, ma che non c’era stata premeditazione. Una decisione contro la quale lo stesso procuratore generale presso la Corte d’appello, Romolo Como, aveva presentato ricorso per Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza. Come si fa, aveva in sostanza sostenuto Como, a non considerare premeditazione le ricerche fatte su internet alcuni mesi prima dell’agguato, a caccia di informazioni sul potenziale letale di un’arma, un fucile Flobert calibro 9, che guarda caso era dello stesso tipo di quello usato per sparare alla testa dell’ingegnere? Secondo Como questa, e altre circostanze, dimostravano «che Gagliardi si era portato sul luogo del delitto già munito dell’arma in precedenza ricercata».
Contro la sentenza di appello si era costituito, con altre motivazioni, anche Gagliardi, difeso dagli avvocati Umberto Del Re e Barbara Santoleri, sostenendo che la tempistica dell’omicidio non fosse compatibile con i suoi spostamenti, e che quindi, in sostanza, non si trovava sulla scena del crimine nel momento in cui questo veniva commesso.
Gli avvocati Massimo Galasso e Marino Di Felice, che assistono i fratelli della vittima, Adele e Rocco Pavone, parti civili nel processo, ai giudici del Palazzaccio hanno invece chiesto il rigetto del ricorso presentato dai difensori di Gagliardi e l’accoglimento di quello di Como.
L’agguato si era verificato nella serata del 30 ottobre 2013. Pavone, dopo aver cenato, era sceso per gettare la spazzatura e non era più risalito. A trovarlo era stato un passante, che aveva sentito dei lamenti. L’ingegnere morì un anno più tardi senza essersi mai risvegliato dal coma. In primo grado Gagliardi aveva scelto la strada del rito abbreviato, ed era stato condannato a 30 anni di carcere per omicidio premeditato. In appello, invece, la condanna è stata ridotta perché è caduta l’aggravante della premeditazione.
Una tesi, quella della mancanza di premeditazione, sostenuta ieri anche dal procuratore generale della Corte di Cassazione, secondo il quale Gagliardi (che ha sempre negato ogni coinvolgimento nel delitto), avrebbe premuto il grilletto, ma senza premeditazione. Semmai, ha detto il togato, ci sarebbe stata solo preordinazione. Sarebbe mancato l’elemento “cronologico”, cioè un apprezzabile lasso di tempo tra la pianificazione e la realizzazione del delitto. Predisporre le armi per compiere un delitto, anche in base a precedenti orientamenti giurisprudenziali della Cassazione, dunque, costituirebbe solo preordinazione. Ed è questa la differenza in base alla quale è stata confermata la condanna a 19 anni invece dei 30 originari. Nel suo intervento, tuttavia, il pg ha ritenuto insussistenti le argomentazioni fornite a difesa di Gagliardi, che aveva anche provato a confutare la validità di una delle prove acquisite dagli investigatori. Si tratta del sacchetto contenente alcuni capi di abbigliamento dell’uomo, che erano stati consegnati ai carabinieri dalla moglie di Gagliardi. «È stata messa la parola fine a una vicenda dolorosa», ha detto l’avvocato Galasso, «e ora c’è la certezza che è stato lui ad assassinare Pavone».
Per Gagliardi, ai domiciliari con il braccialetto elettronico, oggi si sono aperte le porte del carcere.  Sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo di Pescara a trasferirlo in carcere, a Chieti. L'ex impiegato delle Poste infatti era residente a contrada San Martino, a Chieti. Gli restano da scontare 17 anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione: la pena terminerà il 26 maggio 2033. Sono stati i carabinieri del Nucleo Investigativo di Pescara a dare esecuzione all'ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica dell'Aquila stamattina in quanto furono loro ad occuparsi delle indagini e ad arrestare Gagliardi.

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